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giovedì 12 luglio 2012

Nuove ipotesi per l'isola di Pasqua

L'Isola di Pasqua è famosa per le grandi statue di pietra lavica che si trovano lungo la costa.
Si è ipotizzato che la gara degli isolani a chi faceva la statua più grande e la trasportava più lontano dalla cava, abbia innescato un modello di sviluppo insostenibile per un'isola senza altre risorse se non le sue palme giganti.
In base a recenti studi e' possibile che non sia stata la deforestazione, attuata per procurarsi il legno per alzare e muovere le statue, a causare la grave crisi ambientale dell'isola e dei suoi abitanti.
L'ultimo numero di National Geographic ha dedicato un articolo a questo argomento, a supporto della tesi, verificata sul campo, che una trentina di uomini robusti  possano muovere un Moai (il nome delle statue),  pesanti oltre 80 tonnellate, usando solo corde ed una grande abilità.
Avete mai provato a spostare, da soli, un pesante comodino?
Lo si piega leggermente su un lato, si ruota in avanti , quindi si piega dall'altro lato, si ruota e così via...

Il fatto che tutti i Moai abbiano  una base un pò bombata, con una sezione a forma di D, ha suggerito che lo stesso movimento ondulatorio usato per il vostro comodino possa aver permesso a tre squadre di uomini, ben coordinati, di spostare i Moai per diverse miglia, fino alla piattaforma dove erano posizionati a guardare il mare da cui, su lunghe canoe, secoli prima,erano arrivati gli antenati.
E allora quali furono le cause della desertificazione di un' isola che, in base a studi di paleobotanica, era lussureggiante di palme quando i primi uomini sbarcarono sulle sue coste?
Studi archeologici hanno confermato che sulle canoe c'erano anche ratti, trasportati volutamente come fonte di cibo.  Fuggiti dal controllo dell'uomo e senza nemici naturali, i ratti si sono riprodotti a dismisura facendo banchetto dei semi di palma e decretando la progressiva scomparsa di questi alberi.
Insomma se la storia dello sviluppo insostenibile degli abitanti di Pasqua  deve essere riscritto, si conferma ancora una volta l'estrema fragilità degli ambienti confinati.
E anche il nostro Pianeta è un ambiente, per quanto grande, con molti limiti.

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