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lunedì 30 agosto 2010

Messico e Olio

Chiusa la falla, del petrolio riversato nel golfo del Messico non se ne parla più. Ma è proprio quando non si vedono più spiagge e pellicani imbrattati di petrolio che ci possono essere i veri problemi per chi si alimenta con quanto il mare è in grado di offrire: pesci, gamberetti, ostriche, mitili.
Il 19 agosto negli USA c'è stata una riunione governativa per stabilire se i frutti di mare pescati nel golfo del messico siano salubri. Il Governo ha affermato che c'è la sicurezza alimentare ma non tutti i pareri sono unanimi e personalmente mi unisco a questi.
Una volta che il petrolio è evaporato, si e depositato sui fondali ed è stato degradato dalla attività microbica,   e dalle radiazioni solari, non sono più possibili fotografie di grande impatto emotivo, ma  occorre tenere sottocontrollo i metalli tossici che conteneva il petrolio quali mercurio, cadmio e piombo e gli idrocarburi policiclici aromatici, cancerogeni , anch'essi presenti nel greggio.
Le concentrazioni di metalli e di policiclici aromatici nell'acqua può essere molto bassa , ma questi inquinanti si concentrano lungo la catena alimentare e al loro vertice ( nei grandi predatori come pesce spada e tonni) possono raggiungere alte concentrazioni, pericolose per il super predatore, gli umani pescivori.
Particolarmente a rischio sono anche i mitili (le cozze), in quanto questi animali che filtrano grandi quantità di acqua per ricavarne il cibo non hanno gli enzimi necessari per "digerire" i policiclici che si accumulano nei loro tessuti grassi e di qui ai tessuti grassi di chi li mangia.
Insomma se si vuol essere sicuri che quanto si pesca e si pescherà nel golfo del Messico sia sicuro, bisognerà garantire per 6-7 anni accurate e frequenti misure della contaminazione del pescato.
Grazie BP!

lunedì 23 agosto 2010

Notizie Importanti

Due notizie importanti sul fronte della riduzione della produzione di rifiuti e “due calci negli stinchi” agli amici degli inceneritori.
Il Ministero della Salute, con il Decreto 19 maggio 2010 n 113, ha autorizzato,  a partire dal 5 agosto 2010, l’uso di PET riciclato per la produzione di nuovi imballaggi contenenti alimenti.
Il PET (Poli Etilen Tereftalato) è il polimero usato per le bottiglie di acqua, bevande gasate, latte. In Italia ogni anno oltre 300.000 tonnellate di questi imballaggi, subito dopo l’uso, diventa rifiuto, con la felicità dei gestori di inceneritori, visto l’alto potere calorifico di questo polimero.
Grazie al Decreto, si apre un nuovo e più remunerativo mercato al PET post consumo; oltre a maglie in “pile”, le bottiglie raccolte in modo differenziato possono ritornare a diventare bottiglie, un processo di rilevate interesse economico per le aziende del settore.
La prima azienda italiana ad immettere in commercio bottiglie realizzate in parte con PET riciclato sarà la San Pellegrino.
Questa decisione si affianca ad un precedente “sdoganamento”, avvenuto qualche anno fa, e che ha riguardato le cassette per frutta e verdura  in polietilene,  un altro prodotto “usa e getta”  checon questa decisione  viene sottratto alla “cremazione” obbligata, e per lo meno senza alibi per il loro incenerimento ( "tanto non si possono riciclare").
Anche in questo caso motivi igienici non documentati  ne vietavano il riuso, ma studi dell’Istituto Superiore di Sanità hanno escluso ogni pericolo, a patto che le cassette in polietilene siano separate alla fonte con  una raccolta differenziata di qualità.
E qui viene “a fagiolo” una bella idea di una grande azienda la “San Benedetto” che ha siglato un accordo con alcuni supermercati  che si sono organizzati per raccogliere direttamente dalle mani dei loro clienti, al momento del loro ingresso,  le bottiglie usate in PET.
In cambio i cittadini riceveranno  punti fedeltà per ogni botttiglia consegnata che potranno utilizzare  per i loro acquisti.
Non esistono limiti al fatto che iniziative di questo tipo si estendano a tutta la grande distribuzione nazionale che certamente ha personale e spazi da dedicare a questa iniziativa. Aspetto con ansia notizie a riguardo da parte della COOP che qui a Genova è una potenza.
Intanto un'altra importante azienda, la "San Pellegrino" , ha avviato la produzione delle sue  bottiglie con una buona percentuale di PET post consumo, dimostrando che il decreto "salva PET" è economicamente vantaggioso.
Infine, so per certo che i produttori nazionali di PET sono pronti a ritrattare nelle loro aziende, senza particolari modifiche degli impianti,  tutto il PET post consumo che possa derivare da queste raccolte di qualità, raccolte che  avranno un costo bassissimo, visto che lavaggio,  selezione,  raccolta e trasporto saranno a carico dei cittadini che vorranno utilizzare questo servizio che in parte compensa economicamente questa loro attività.
Ricordo infine che per una tonnellata di PET e di Polietilene (PE) monomateriale raccolto con questo sistema il Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI) riconosce un contributo di 314 euro, più che sufficienti per pagare i costi per i punti fedeltà e il trasporto al riutilizzatore finale di bottiglie in PET e tappi in PE,
E ogni tonnellata di PET e PE riutilizzato sarà una tonnellata in meno di ottimo combustibile sottratto ai "crematori con recupero energetico".

mercoledì 11 agosto 2010

Bio-Caminetti Addio

Sulla telenovela dei biocaminetti mi è arrivata una autorevole testimonienza che pubblico volentieri
Egr. Federico

Trovo molto interessante la discussione pubblicata su SPLINDER sull'uso dell'etanolo nei cosidetti caminetti a etanolo.
Come già sottolineato la Francia è stata la prima a sollevare il problema sull'utilizzo dell'etanolo come combustibile.
Sembra che tutto ciò sia stato dovuto ad un incidente con questo tipo di apparecchio, proprio al figlio del Ministro, che nell'incidente si sarebbe ustionato! (non sò se è vero, ma la voce circola!)
Comunque la metto al corrente che proprio la Francia ha pubblicato il 1° agosto del 2009 la Norma " NF D 35-386 : Appareils fonctionnans à l'éthanol - Exigences de sécurité et méthodes d'essai" per i requisiti di sicurezza e i metodi di testazione.

Forse pochi sanno che gli apparecchi funzionanti a etanolo, devono - secondo quanto prescritto dalla norma francese- essere corredati obbligatoriamente di un rilevatore di CO2- che deve essere fornito dal produttore dell'apparecchio. (il rilevatore non è incorporato all'apparecchio, ma è fornito separatamente nell'imballo e deve essere posizionato nelle immediate vicinanze dell'apparecchio stesso)

Per quanto riguarda l'Italia - proprio in autunno - partirà un tavolo tecnico, ossia un GL (Gruppo di Lavoro), presso il C.T.I. (Comitato Termotecnico Italiano), per redigere una norma UNI specifica per gli apparecchi a etanolo, prendendo parzialmente spunto dalla norma NF, ma integrando anche le indicazioni e prescrizioni di sicurezza pe l'installazione di tali apparecchi, come già avviene per le stufe, i caminetti e i barbecue in UNI 10683 (Generatori di calore alimentati a legna o altri biocombustibili solidi- Requisiti di installazione)
Per quanto se ne dica in Italia, le cose se vogliamo le sappiamo fare anche meglio degli altri (anche dei francesi e dei tedeschi!), però....siamo sempre in cronico ritardo!

Certo di aver fatto cosa gradita, porgo distinti saluti

M° Fumista Luciano Rossi
Pres. Fumisti & Spazzacamini- Confartigianato Imprese Veneto
Membro C.T.I. del "GL 609 - Rev. UNI 10683/10"



martedì 3 agosto 2010

Fotovoltaico Versus Nucleare

La notizia è ghiotta e la posto subito. Un "giornaletto di provincia" quale il New York Times non si pone problemi a pubblicare la notizia che quest'anno, negli USA, il costo del chilowattore fotovoltaico è più basso del chilowattore nucleare. Gli Italiani avranno mai l'occasione di saperlo?

ps: dal Link all'articolo originale vengo a sapere che l'Editore del New York Time ha commentato questo articolo, osservando che lo studio presentato è stato commissionato da una associazione ambientalista. A riguardo, non viene detto espressamente, ma questo significa che ci può essere un conflitto di interesse in chi ha redatto lo studio. Un altro commento dell'editore è che nell' articolo non si fa riferimento ad altri studi sui costi del nucleare che sono arrivati a conclusioni diverse e che pur essendo stata citata più volte non è stata sentita la società che promuove lo sviluppo del nucleare negli USA. Da un punto di vista giornalistico l'editore ha ragione. Mi chiedo quanto in questa nota abbia avuto influenza la lobby filonucleare!
Comunque , temo che nel nostro Paese una voce controcorrente come quella dello studio presentato dal New York Timesnon avrebbe spazio.

 UN ARTICOLO DEL NEW YORK TIMES SU UNO STUDIO AMERICANO
Il solare costa meno del nucleare
Il sorpasso al prezzo di 0,16 dollari a chilowattora. L'energia atomica costerà sempre di piu'






I costi di energia solare e atomica (da Ncwarn.org)
NEW YORK - Oggi negli Stati Uniti la produzione di energia solare costa meno di quella nucleare. Lo afferma un articolo pubblicato il 26 luglio sulNew York Times,che riprende uno studio di John Blackburn, docente di economia della Duke University. Se si confrontano i prezzi attuali del fotovoltaico con quelli delle future centrali previste nel Nord Carolina, il vantaggio del solare è evidente, afferma Blackburn. «Il solare fotovoltaico ha raggiunto le altre alternative a basso costo rispetto al nucleare», afferma Blackburn, nel suo articoloSolar and Nuclear Costs - The Historic Crossover, pubblicato sul sito dell’ateneo. «Il sorpasso è avvenuto da quando il solare costa meno di 16 centesimi di dollaro a kilowattora» (12,3 centesimi di euro/kWh). Senza contare che il nucleare necessita di pesanti investimenti pubblici e il trasferimento del rischio finanziario sulle spalle dei consumatori di energia e dei cittadini che pagano le tasse.
COSTI FOTOVOLTAICO IN DISCESA - Secondo lo studio di Blackburn negli ultimi otto anni il costo del fotovoltaico è sempre diminuito, mentre quello di un singolo reattore nucleare è passato da 3 miliardi di dollari nel 2002 a dieci nel 2010. In un precedente studio Blackburn aveva dimostrato che se solare e eolico lavorano in tandem possono tranquillamente far fronte alle esigenze energetiche di uno Stato come il Nord Carolina senza le interruzioni di erogazione dovute all’instabilità di queste fonti. I costi dell'energia fotovoltaica, alle luce degli attuali investimenti e dei progressi della tecnologia, si ridurrà ulteriormente nei prossimi dieci anni.
COSTI NUCLEARE IN CRESCITA - Mentre, al contrario, i nuovi problemi sorti e l'aumento dei costi dei progetti hanno già portato alla cancellazione o al ritardo nei tempi di consegna del 90% delle centrali nucleari negli Stati Uniti, spiega Mark Cooper, analista economico dell'Istituto di energia e ambiente della facoltà di legge dell'Università del Vermont. I costi di produzione di una centrale nucleare sono regolarmente aumentati e le stime sono costantemente in crescita.