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lunedì 28 giugno 2010

Carbone Pulito?

Stranamente non sono numerosi gli studi sugli effetti delle centrali a  carbone sulla salute di chi gli abita intorno.
E  molti di questi studi non hanno trovato niente di strano, fino a che non si sono studiate le cose giuste: A) effetti sanitari sui bambini che oltre ad essere più sensibili degli adulti all'inquinamento non sono oggetto di esposizioni "confondenti" quali fumo attivo, consumo alcool, esposizioni professionali; B) uso di precisi indicatori di esposizione personale ai fumi delle centrali.
Tra i pochi studi epidemiologici condotti in modo corretto per verificare gli effetti dell’inquinamento da centrali a carbone sui bambini, citiamo quella condotta in Israele con riferimento alla prima grande centrale a carbone (1400 megawatt) entrata in funzione in questo paese nei primi anni ’80 (Goren et al., 1995).
Merito di questo studio è quello di aver tenuto sotto controllo per un lungo periodo (20 anni) circa 30.000 persone che, in modo stabile, hanno avuto la loro residenza entro un raggio di 10 chilometri dalla centrale. Un’altra importante caratteristica di questo studio è stata quella che, fin dall’avvio della centrale, la qualità dell’aria è stata costantemente tenuta sotto controllo da una ampia rete di monitoraggio, costituita da dieci stazioni fisse e due mobili.
Una recente ri-analisi di questi dati (Dubnov et al., 2007) ha individuato una associazione statisticamente significativa tra il peggioramento delle funzioni respiratorie dei bambini e l’entità dell’inquinamento da anidride solforosa e ossidi di azoto prodotti dalla centrale a carbone a cui i bambini stessi erano stati esposti.
Queste conclusioni sono state possibili grazie ad un moderno approccio metodologico per individuare gli effetti sanitari indotti dall’inquinamento: ad ogni singolo bambino studiato è stato attribuito un valore di esposizione ai fumi della centrale, in base alle coordinate geografiche della  residenza del bambino e ai valori medi di inquinamento della centrale stimati in corrispondenza di quelle stesse coordinate geografiche.
L’entità della esposizione a ossidi di azoto e a anidride solforosa della popolazione residente è stata stimata utilizzando un modello diffusionale applicato alle emissioni convogliate della centrale in grado di simulare l’entità delle concentrazioni al suolo degli inquinanti emessi, in base alle condizioni meteorologiche che caratterizzano quell’area.
Pertanto gli autori hanno potuto concludere che l’inquinamento della centrale a carbone ha un effetto negativo sullo sviluppo delle funzioni polmonari dei bambini e questo, nonostante il totale e ampio rispetto degli standard di qualità dell’aria per gli ossidi di azoto, l’anidride solforosa e le polveri totali sospese.
A titolo di esempio, la più elevata concentrazione media annuale di SO2 registrata dalla rete di monitoraggio intorno alla centrale carbone israeliana è stata di 15 µg/ m3 e il valore minore è stato di 9 µg/ m3 (Goren et al., 1995); l’ordine di grandezza delle concentrazioni medie annuali di  anidride solforosa intorno alla grande centrale a carbone israeliana (1400 Mwatt), è molto simile alle concentrazioni medie registrate intorno apiccole centrali a carbone italiane (200 - 300 Mwatt)
Un altro studio che ha evidenziato i possibili effetti sui nascituri dell’inquinamento di una centrale a carbone è stato effettuato in Cina, nella città di Tonliang in cui, a pochi chilometri di distanza era in funzione una piccola centrale elettrica alimentata a carbone (circa 4.200 tonnellate al mese). Questa centrale era operativa per solo sei mesi all’anno, durante la stagione secca in cui gli impianti idroelettrici risultavano insufficienti a coprire la domanda di elettricità della città; misure sperimentali confermavano che questa piccola centrale a carbone era la principale fonte di inquinamento della zona , con un ridotto traffico veicolare e che da tempo ricorreva al metano quale fonte di energia per usi domestici.
Durante il funzionamento di questa centrale si registravano alte concentrazioni di polveri sottili e di idrocarburi policiclici aromatici (IPA).
Un primo studio (Tang et al., 2006) evidenziava una possibile associazione tra elevate concentrazioni di IPA nel sangue presente nel cordone ombelicale di bambini concepiti durante i sei mesi di funzionamento della centrale e un ridotto sviluppo corporeo nei primi 30 mesi di vita dei bambini esposti. Una successiva indagine in cui, oltre agli IPA, nel cordone ombelicale erano misurate anche le concentrazioni di piombo e mercurio, evidenziava nei bambini più esposti un ridotto quoziente di sviluppo motorio e di linguaggio, valutati a due anni di età (Tang et al., 2008).
L’ipotesi che questi disturbi fossero correlati con l’esposizione delle madri all’inquinamento prodotto dalla centrale a carbone, trovò una prima conferma in un’ analogo studio (Perera et al., 2008) condotto su bambini nati nel 2005 nella stessa zona, dopo la completa chiusura della centrale a carbone avvenuta nel maggio del 2004.
Nel cordone ombelicale di questi bambini si trovò una concentrazione significativamente minore di IPA e non fu più evidenziata l’associazione tra ritardi dello sviluppo mentale e motorio ed esposizione a IPA.

lunedì 14 giugno 2010

Audizione a Palazzo Marino

Oggi pomeriggio avrei dovuto partecipare ad una audizione al Comune di Milano dove si doveva discutere delle autorizzazioni per il secondo inceneritore a "servizio della città".
Pare che il Consiglio non avrà il numero legale e quindi è meglio se sto a casa.
Comunque ho inviato il testo del mio intervento che, per chi segue diligentemente il Blog, non sono novità che che forse può essere utili rileggere in diverso contesto.

 Audizione del dr Federico Valerio al Consiglio Comunale di Milano

 Nel prossimo numero di Waste Management (Gestione dei  Rifiuti), principale rivista internazione che pubblica studi e ricerche riguardanti la gestione degli scarti di attività umane, sarà pubblicato un articolo dal titolo:

“Impatti Ambientali dei Sistemi di gestione dei materiali post consumo: riciclo, trattamenti biologici, incenerimento”

Questo articolo è una rassegna bibliografica degli studi internazionali che hanno trattato questi argomenti a firma del dr Federico Valerio, responsabile del Servizio di Chimica Ambientale, dell’Istituto Nazionale Ricerca sul Cancro di Genova.

La prima parte dell’articolo passa in rassegna  i risultati degli gli studi condotti secondo i criteri dell’Analisi dei Cicli di Vita (Life Cycle Assessment –LCA).

Si tratta di diverse decine di studi effettuati da numerosi e qualificati centri di Ricerca internazionale;  in Italia  gli studi LCA sono stati effettuati dal Politecnico di Milano, l’ENEA, le Università di Bologna,  Modena, Salerno.  Un importante studio LCA di taglio europeo, inserito nella rassegna, ha valutato i risultati di 31 diverse Analisi del Ciclo di Vita di discarica, incenerimento e riciclo e la sua rilevanza è dovuta al fatto che è stato commissionato dalla Confederazione degli impianti europei per il recupero energetico dei rifiuti (CEWEP).

Comune conclusione di tutti questi studi è che il riciclo dei materiali post consumo, compresi il riciclo di carta e plastica, è nettamente migliore dell’incenerimento con recupero energetico; le migliori prestazioni del riciclo fanno riferimento al risparmio di energia, all’emissione di gas clima-alteranti, all’impatto ambientale con riferimento a diversi comparti quali aria, acqua, suolo.

In sintesi,  se una determinata quantità di scarti a base di carta, plastica, umido è riciclata, piuttosto che termovalorizzata,  si ha un risparmio energetico da tre a cinque volte maggiore e l’impatto ambientale evitato con il riciclo è da cique a dieci volte inferiore rispetto a quello prodotto con la termovalorizzazione.

Le LCA che hanno fatto riferimento alla realtà italiana concordano con il fatto che percentuali crescenti di raccolta differenziata migliorano, in proporzione, le prestazioni ambientali ed energetiche. In particolare, lo studio del Politecnico di Milano ritiene che raccolte differenziate al 60% siano auspicabili e raggiungibili in pochi anni nelle regioni del nord Italia.

Questo obiettivo (60-65% di raccolta differenziata) è stato confermato da un recente studio LCA condotto dal Politecnico di Torino sulla realtà piemontese.

Ricordiamo, a riguardo, che tutte le analisi merceologiche condotte sui Materiali Post Consumo prodotti in Italia confermano che oltre l’80% di questi scarti siano riciclabili e che in gran parte, in quanto imballaggi, sono rimborsabili dal CONAI con danaro che tutti gli Italiani, con i loro acquisti, hanno già versato a chi questi imballaggi utilizza e produce.

Tutto questo significa che su un territorio entro il quale si effettuano tutte le trasformazioni che comprendono l’intero ciclo di vita dei materiali, dalla estrazione delle materie prime, allo smaltimento dei residui, l’impatto di una gestione terminale dei prodotti, basata sul riciclo del 60%  della produzione di beni riciclati, è inferiore da cinque a dieci volte rispetto all’impatto di un ciclo di vita che termina con la termovalorizzazione.

Questo significa che l’esposizione a tutti gli inquinanti che si producono durante l’intero ciclo di vita dei prodotti consumati (ossidi di azoto, polveri ultrasottili, composti organici. Ozono, policiclici aromatici, diossine e furani…) sarà nettamente inferiore se si privilegia il riciclo, al massimo delle sue potenzialità (60-70%).

E ovviamente, alla luce di numerosi studi, un minore impatto sull’ambiente corrisponde ad un migliore stato di salute delle popolazioni esposte, misurabile, come è stato fatto,  in una maggiore aspettativa di vita e in un minor numero di ricoveri ospedalieri.

Nella pianura Padana, fatta salva l’estrazione delle principali materie prime (carbone, petrolio, ematite e bauxite…) avvengono gran parte dei processi di trasformazione, trasporto, uso e smaltimento dei beni di consumo che in questa valle sono utilizzati e la bassissima qualità ambientale e l’elevata incidenza di malattie riconducibili a questa bassa qualità,  che caratterizzano l’intera pianura Padana, richiedono scelte oculate che non possono vedere la termovalorizzazione quale scelta da privilegiare ed in particolare da sovvenzionare con danaro pubblico.

Per gli scarti organici (scarti di cucina, sfalci d’erba e potature) che rappresentano circa il 30%  dei rifiuti urbani lombardi, le analisi dei cicli di vita, concordano nell’affermare  che, se raccolti con criteri di qualità ad esempio con sistemi Porta a Porta, il loro compostaggio e il successivo uso agricolo del compost è vantaggioso dal punto di vista energetico ed ambientale, rispetto al loro incenerimento e recupero energetico,

Se questi stessi scarti  organici sono trattati con tecniche di fermentazione anaerobica con uso energetico del biogas prodotto, i vantaggi  energetici ed ambientali sono ancora maggiori, in quanto, a parità di energia prodotta, la combustione del biometano ha un impatto ambientale nettamente inferiore di quello prodotto con l’incenerimento degli stessi scarti organici, con particolare riferimento alle polveri ultrasottili e agli ossidi di azoto.

Ad esempio un trattamento meccanico biologico di una tonnellata di MPC indifferenziati con uso energetico del biogas prodotto con fermentazione anaerobica della frazione organica ( impianto MBT di Bassum, Germania) immette in atmosfera 72 grammi di ossidi di azoto contro i 303 grammi per tonnellata, prodotti in media dal parco inceneritori italiani.

Ovviamente è la riduzione alla fonte che produce i migliori risultati dal punto di vista energetico e ambientale ,con scelte che ogni comune può fare, ad esempio incentivando con politiche tariffarie il compostaggio domestico anche in arre urbane e  l’eliminazione del “ usa e getta” nella ristorazione.

Il nuovo piano di gestione dei materiali post consumo approvato dal Comune di Genova fa sue molte delle scelte illustrate:

- Piano Comunale e Provinciale di riduzione della produzione di MPC con incentivi al compostaggio domestico su  terrazzi e poggioli e a sagre e iniziative pubbliche a “rifiuti zero”, promozione del consumo dell’acqua da rubinetto.

 - Avvio della raccolta differenziata dell’organico umido  e suo compostaggio su 100.000 utenze

 - Iniziative pilota di raccolta “porta a porta” in contesti urbani complessi ( 20.000 abitanti coinvolti; RD al 50%)

 - Obbiettivi di raccolta differenziata, finalizzata al riciclo, al 65% su tutta la città, con incrementi annuali del 5%.

 - Digestione anaerobica della frazione umida e dei fanghi prodotti dagli impianti di depurazione cittadina e uso energetico del biogas prodotto.


Dr. Federico Valerio
SS Chimica Ambientale
Dipartimento Epidemiologia e Prevenzione
Istituto Nazionale Ricerca Cancro Genova

giovedì 3 giugno 2010

Come Produrre meno Rifiuti

Le statistiche dicono che ogni genovese produce 549 chili di "rumenta". Detta così l'informazione non è corretta, in quanto in questa stima si contano sia i MPC prodotti dalle famiglie che quelli prodotti dalle aziende ( attività commerciali e produttive) che la normativa ha  "assimilato" a scarto urbano.
In verità un genovese vero, in un anno non produce più di 200 chili di rumenta ma comunque il Comune ci prova a convincere i genovesi a produrre meno rumenta, almeno cento chili a testa.
Chi segue questo blog sa che si può vivere felici anche senza riempire i cassonetti e già conosce molti trucchi a riguardo, quelli che  permettono a me e a mia moglie di produrre solo 150 chili di scarti a testa, di cui ricicliamo e compostiamo più dell'80%.
Oggi la nostra Assessora alla Decrescita (Felice), Pinuccia Montanari e l'Assessore al ciclo dei rifiuti ( a quanto un assessorato al ciclo dei MPC?) Carlo Senesi hanno presentato alla Giunta il piano della riduzione alla fonte degli scarti dei genovesi: in primo luogo gli incentivi al  compostaggio domestico, ma anche la promozione dei tanti mercatini dell'usato e dei luoghi di scambio per trovare un nuovo padrone a quello che non ci serve più.
Tra le tante proposte che per noi non sono novità,c'è una piccola idea, certamente interessante: lo sconto sulla tassa per l'occupazione del suolo pubblico alle inziative che si impegnano a mettere a disposizione dei visitatori solo acqua del rubinetto, l'acqua del "bronzino", come si dice da queste parti e nessuna bottiglia in plastica.
Spero, tra qualche mese di potervi dare i risultati di questa "cura dimagrante",