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lunedì 27 ottobre 2008

In Diretta TV

Sabato mattina, alle ore 7, ero negli studi di RAI 1 a Saxa Rubra, in diretta, a Sabato&Domenica.

Argomento,  i risultati degli studi del mio Istituto sull'inquinamento e lo stato di salute di un quartiere genovese (Multedo) che ospita da decenni un porto petroli e alcune aziende a rischio di incidente rilevante, a causa della movimentazione di solventi infiammabili.

Nonostante l'ora, pare che ci siano oltre un milioni di Italiani all'ascolto.

L'organizzazione RAI è perfetta e cronometrica.

Partenza venerdì, da Genova con il volo delle 19. Autista ad aspettarmi  a Fiumicino, albergo e ristorante già prenotati. Alle 6 e 45 dell'indomani, appuntamento con l'autista e arrivo a Saxa Rubra attraversando una Roma deserta in attesa dell'invasione della grande manifestazione del PD, nel pomeriggio.

Arrivato nello studio, dove tanti  ragazzi e ragazze assonnati, fanno fuori cornetti e cappuccini, sono affidato nelle mani del truccatore, del fonico e ricevo le istruzioni dalla segretaria di produzione.

La scaletta è preparata nei dettagli: un bel servizio, sintetico, efficace ben documentato registrato a Genova, domande all'ospite, intervista al Sindaco di Genova che,senza mezzi termini, afferma che anche a seguito dei nostri studi, il porto petroli se ne deve andare.

Dal punto di vista mediatico è un successo che costringe  il TG3 Regionale a riprendere parte della trasmissione nel servizio serale.

Il tutto dura 13 minuti, poi sono riaffidato al mio autista che mi riporta in aeroporto.

La trasmissione è andata bene; mi arrivano diversi SMS di congratulazioni, ma quanti alberi mi tocca piantare per assorbire tutta la CO2 che questa avventura ha prodotto ?

mercoledì 22 ottobre 2008

Carta di Mantova

Come promesso allego il documento conclusivo di Italia Nostra sulla qualità dell'aria in Val Padana.

Sono graditi commenti, critiche e integrazioni, in particolare dai padani.

 

Italia Nostra: Carta di Mantova sull'inquinamento

della Val Padana

 

A conclusione del Convegno "QUALITA' DELL'ARIA IN VAL PADANA: VERSO IL RISANAMENTO", MANTOVA, 18 OTTOBRE 2008

 

Introduzione

L'inquinamento dell'aria in Valle Padana costituisce una vera e propria emergenza nazionale da fronteggiare con energia e decisione. Secondo le statistiche nazionali, tale inquinamento ammonta ad almeno metà di quello complessivo del paese. Le concentrazioni in atmosfera di particolato, NOx, ozono e altri inquinanti è fuori controllo, superando del triplo il limite di giorni di superamento annuo consentito dalle direttive europee.

Le particolari caratteristiche meteoclimatiche della Pianura Padana, responsabili del ristagno degli inquinanti sull'area, non deve essere addotto - come viene comunemente fatto da alcune Regioni - a giustificazione di un atteggiamento rinunciatario e fatalistico nei confronti dell'inquinamento e come motivo di continue richieste di deroghe, bensì come sprone per una politica ambientale all'avanguardia nel paese.

 

Gli impatti

L'emergenza inquinamento della Valle Padana è emergenza sanitaria: le autorità internazionali stimano infatti in decine di migliaia le morti evitabili all'anno in quest'area e in centinaia di migliaia all'anno i ricoveri evitabili per malattie respiratorie, cardiache e oncologiche provocate dalle altissime esposizioni agli inquinanti.

Impatti altrettanto devastanti riguardano la vegetazione (soprattutto a causa degli NOx e dell'ozono) per fenomeni di acidificazione e per altri processi fitopatologici che possono ridurre anche del 20% la produttività agricola di alcune colture, con effetti difficilmente stimabili anche sulle qualità nutrizionali delle derrate agricole.

Impatti pesantissimi riguardano infine il paesaggio (per effetto della desertificazione in corso) e i beni culturali, aggrediti dalle deposizioni acide.

 

Il ruolo di Italia Nostra nel risanamento della Valle Padana

L'Associazione Italia Nostra rivendica un ruolo attivo, di catalizzatore delle energie politiche e istituzionali necessarie all'opera di risanamento ambientale di quest'area. A tale proposito l'Associazione - oltre ad aver presentato già alcuni esposti presso le procure per richiamare al rispetto dei limiti degli inquinanti - intende promuovere nuove iniziative di studio e sensibilizzazione sul tema, sia a livello nazionale sia comunitario.

 

Le prime proposte

Per il risanamento ambientale dell'emergenza nazionale Pianura Padana, Italia Nostra avanza le seguenti proposte:

 

- Richiama il governo nazionale alle sue responsabilità nella promozione e nel coordinamento delle politiche regionali in tema di disinquinamento della Pianura Padana. Lasciate a se stesse, le Regioni non possono affrontare efficacemente tale emergenza, che ha ormai rilevanza nazionale. A questo proposito invita le autorità centrali a contrastare la tendenza sempre più diffusa ad annacquare le direttive europee e le leggi nazionali con deroghe e assenze di vincoli e adeguate ammende per i trasgressori

- Richiama le Regioni affinché, di concerto fra loro e con il livello nazionale, si pongano obiettivi di riduzione radicale e sistemico dell'inquinamento, in modo da poter rientrare al più presto nei limiti fissati dalle direttive europee e leggi nazionali

- Invita a costituire una unica ARPA per tutta la Pianura Padana, in modo da poter controllare i parametri ambientali e gestire la pianificazione ambientale del territorio in modo unitario. A tal fine l'ARPA dovrà essere dotata di sufficienti risorse.

- Richiama le Regioni perché intervengano in modo deciso e globale sulla mobilità privata e commerciale della Val Padana, con politiche di mobilità sostenibile, pedaggi, divieti e razionalizzazioni urbanistiche e della rete dei trasporti, per una riduzione significativa dell'inquinamento da traffico nell'area. In particolare, urge il rinnovo dei mezzi pesanti così come lo spostamento modale del trasporto merci da gomma a ferrovia. Tutti gli interventi sulla mobilità devono essere pensati su scala dell'intero bacino, poiché singoli episodi di divieto o limitazione del traffico non hanno pressoché nessun effetto sulla riduzione degli inquinanti

- Nel rilasciare nuove autorizzazioni o incrementi di potenzialità di impianti industriali, sollecita gli enti preposti a considerare con attenzione sempre la situazione ambientale del contesto, contemporaneamente sia a livello locale sia facendo riferimento a limiti di carico globali, da stabilire

- Invita a superare la prassi della autodichiarazione delle emissioni da parte delle industrie in modo che il monitoraggio dei processi produttivi con impatto ambientale venga effettuato direttamente dall'ARPA.

- Propone un piano poliennale di manutenzione anche preventiva del patrimonio artistico aggredito dall'inquinamento, da concordare insieme alla Sopraintendenze

- Sollecita lo sviluppo di ricerche per approfondire la relazione fra inquinamento e calo delle produzioni agricole, con interventi coerenti con i risultati scientifici così ottenuti

- Propone più stringenti leggi e norme in campo edilizio che obblighino e incentivino chi costruisce o ristruttura immobili ad adottare sistemi ad impatto energetico zero

- Sollecita in ambito urbano e periurbano l'adozione e la realizzazione di piani di forestazione finalizzati anche a mitigare il microclima e l'inquinamento

- Invita ad affrontare la questione energetica focalizzandosi sulla promozione del risparmio e l'efficienza energetica nelle industrie, che vanno fortemente sospinte verso l'adozione delle migliori tecniche esistenti (Best technology Practices)

- Chiede che non vengano concesse autorizzazioni a impianti di combustione di biomasse, quando la disponibilità di biomasse locali non sia ampiamente provata, quando leda il patrimonio boschivo, quando utilizzi scarti di lavorazione con sostanze nocive, quando le biomasse siano altrimenti utilizzabili senza combustione e quando non vi siano garanzie assolute di mantenimento nel tempo di elevati standard antinquinamento

- Chiede il superamento del modello della gestione dei rifiuti basato sull'incenerimento a favore di un deciso potenziamento del recupero e riciclo. In Pianura Padana gli inceneritori ammontano già a una cinquantina, coprendo il 38% del trattamento dei rifiuti

 

 

ITALIA NOSTRA SOSTIENE CHE GLI OBIETTIVI DEL PROTOCOLLO DI KYOTO VANNO NON SOLO RISPETTATI, MA ANTICIPATI TEMPORALMENTE, SENZA DEROGHE O ECCEZIONI.

 

Mantova, 18 ottobre 2008.

 

domenica 19 ottobre 2008

Modello Genova

Allego il documento sul modello di gestione dei materiali post consumo presentato al convegno "Qualità dell'aria in Val Padana: verso il risanamento?", organizzato da Italia Nostra a Mantova il 18 ottobre 2008.
Il documento, che ha trovato ampio consenso, può diventare  la posizione ufficiale dell'associazione , posizione che mi auguro possa essere ratificata dal Consiglio Nazionale Italia Nostra.

Buona lettura.




GESTIONE MATERIALI POST CONSUMO MODELLO ITALIA NOSTRA GENOVA

Introduzione
Una ben orchestrata campagna mediatica ha utilizzato l’emergenza rifiuti della Campania per ridare fiato al Modello Brescia, ovvero all’incenerimento con recupero energetico del rifiuto tal quale, fatto salva la raccolta differenziata che si attestano su valori pari al 40-45%.

Con questi livelli di raccolta differenziata si recupera gran parte di quello che non è combustibile (metalli: 4% del totale prodotto), che potrebbe danneggiare la griglia del forno (vetro: 10%) e che potrebbe creare problemi tecnici (ingombranti: 7%). Il restante 25-30 % raccolto in modo differenziato è fatto di organico e verde che per l’alto contenuto di umidità  (30-40%) poco si presta alla termovalorizzazione e di carta e cartone, materie seconde richieste dalle cartiere.

Per le plastiche occorre fare un discorso a parte. In tutte le realtà in cui opera un inceneritore la raccolta differenziata della plastica si limita ad intercettare  non più del 22-23 % dell’intera plastica immessa sul consumo. E, normalmente, la metà della plastica raccolta in modo differenziato è inviata anch’essa agli inceneritori, con la scusa che la presenza contemporanea di diversi polimeri rende questa miscela di plastiche non idonee al riciclo.

Il motivo vero di queste scelte è che senza plastica (che rappresenta non più del 20% in peso di tutti i rifiuti urbani) il potere calorifico di quello che resterebbe negli scarti indifferenziati non giustificherebbe, dal punto di vista economico, nessun impianto di incenerimento con recupero energetico anche con i discutibili incentivi pubblici dei Certificati Verdi e del CIP 6 assegnati alla elettricità prodotta con l’incenerimento dei rifiuti urbani.



L’emergenza rifiuti

Prima del gran clamore sull’emergenza Napoli che si trascinava nel silenzio dei media  da circa 14 anni, con gli stessi scenari di cumuli di rifiuti lungo le strade delle periferie di Napoli, il Modello Brescia incontrava qualche difficoltà: l’esclusione dei Certificati Verdi per la quota di materie plastiche incenerite per i nuovi impianti, la presa di posizione di centinaia di Medici, preoccupati per le possibili ricadute sanitarie di questi impianti, la netta vittoria del No al referendum sulla proposta di realizzare un inceneritore a Firenze, il successo della raccolta differenziata Porta a Porta in importanti città e in diversi quartieri di grandi città, con raccolte differenziate di qualità  superiori al 60%, il crescente successo di trattamenti a freddo (compostaggio, fermentazione anaerobica, trattamenti meccanici biologici). Anche l’accresciuta domanda di materie seconde (carta, plastica metalli) sul mercato internazionale e la conseguente crescita del valore di queste merci, favoriva il riciclo che cominciava ad entrare in forte concorrenza con la cosidetta termovalorizzzione.

E nonostante i goffi tentativi di delegittimare i tanti Comitati contrari all’incenerimento (sindrome NIMBY, gli ecologisti del no), il Modello Brescia, era in affanno anche per il convergere di tutti questi Comitati su un diverso modello di gestione che,  per la soluzione del problema privilegiava i minori costi economici e sanitari a carico della comunità, i maggiori risparmi energetici indotti dalla riduzione della produzione alla fonte, il recupero e l’uso di trattamenti finali “a freddo”, scelte che qualche Amminstrazione (Provincia di Savona, Provincia di Trento, Comune di Genova ) cominciava a fare proprie con adeguate delibere.

E con la scusa dell’emergenza rifiuti della Campania e l’emergenza prossima ventura di Palermo, Roma e Firenze sono stati reintrodotti gli incentivi dei CIP 6 e dei Certificati verdi anche per i nuovi impianti  e oltre ai 4 termovalorizzatori campani, se ne propongono altri 80 sull’intero terrirorio nazionale da aggiungere ai 50 già operativi.

Si tratta di uno scenario obsoleto, che farebbe dell’Italia il paese con la più alta percentuale di incenerimento  al mondo; uno scenario senza futuro e tutto a carico delle famiglie italiane.

Queste,  a loro insaputa, sono già costrette a pagare tre volte la loro spazzatura: Tassa Igiene Ambientale, tassa Certificati verdi (7% bolletta della luce), tassa CONAI per ogni imballaggio acquistato (7 centesimi al chilo). A questo si dovrà aggiungere la tassa sulla salute per il peggioramento della qualità ambientale indotto dall’incenerimento di decine di milioni di tonnellate di rifiuti in 130 inceneritori, tanti quanti  si propone di realizzare sull’onda emotiva  del post “terremoto” campano.

E nel pieno rispetto degli attuali limiti di legge , questi impianti per ogni tonnellata di rifiuti termovalorizzati , immetteranno nell’aria 300 grammi  di ossidi di azoto, polveri sottili,  metalli pesanti e 44 nanogrammi  TEQ di diossine.

Gli stessi impianti per ogni 1.000 chili di rifiuti urbani termovalorizzati produranno  300 chili di ceneri, rifiuti in parte tossici (ceneri leggere) e in parte ( ceneri pesanti) meno inerti di quanto si vuol far credere.

Con colpevole superficialità si pensa di riciclare le ceneri pesanti come materiali edili, ignorando i più recenti studi che hanno evidenziato  la presenza di composti tossici anche nelle ceneri pesanti.



I nuovi scenari

Il 17 giugno 2008 il Parlamento Europeo ha confermato in una sua Direttiva le priorità che i paesi membri devono adottare nella gestione dei materiali post consumo.

I principali punti di questa Direttiva sono:

• Il riutilizzo e il riciclo devono essere preferiti alla valorizazione energetica in quanto rappresentano la migliore scelta dal punto di vista della tutela dell’ambiente e della salute.

• Le priorità vedono al primo posta la Prevenzione, al secondo la Progettazione per il riutilizzo, al terzo il Riciclo, in fine il Recupero in forme diverse dal Riciclo.

• L’incenerimento può essere considerata una forma di recupero solo per impianti ad alta efficenza energetica

•  Non si deve promuovere l’incenerimento di materiali riciclabili



 Il Modello Italia Nostra Genova

Il Modello “Italia Nostra Genova”si muove all’interno di questo scenario e assembla le migliori esperienze di gestioni  di MPC già in atto in Italia.

In sintesi:

1. Riduzione  del 20% della produzione di Materiali Post Consumo

2. Estendere sistemi di raccolta differenziata Porta a Porta a tutti i Comuni

3. Calcolo della Tariffa di Igiene Urbana  (TIA) in base alla quantità di rifiuto indifferenziato effettivamente prodotta

4. Dare priorità al riciclo di materia confermando l’obiettivo del 60% di raccolta differenziata, finalizzata al riciclo e al compostaggio del 50% della frazione raccolta in modo differenziato.

5. Prevalente uso della frazione umida per il compostaggio e la fermentazione anaerobica con produzione di biogas

6. Purificazione del biogas a biometano compatibile con la rete di distribuzione del gas

7. Centri regionali di separazione e valorizzazione della frazione secca per il suo riciclo e riuso integrale

8. Trattamenti meccanico biologici a freddo dei rifiuti indifferenziati con ulteriori recuperi di materiali per il riciclo

9. Stoccaggio della frazione inerte residuale e degli scarti inerti (polimeri di sintesi e naturali) in attesa della commercializzazione delle  tecniche di  trasformazione in combustibili liquidi (bioetanolo, biodiesel).



La Tabella che segue mette a confronto il  Modello a Freddo di Italia Nostra, con il Modello a Caldo tipo Brescia.

Fatta cento la quantità di MPC attualmente prodotti, la Tabella riporta le quantità (percentuali) di materiali  avviati ai diversi trattamenti.

A riguardo, facciamo notare che tutti i piani tipo modello Brescia prevedono una Raccolta Differenziata intorno al 44%, ottenuta con il classico sistema delle campane. Questo sistema di raccolta, a causa della bassa qualità dei materiali raccolti, ha scarti superiori al 20% che sono avviati all’incenerimento.

Al contrario, il Modello Italia Nostra, grazie al sistema di raccolta porta al porta, avrà una percentuale di scarti molto inferiori (10%). Questi scarti, separati con sistemi meccanici in due principali frazioni (cellulosica e plastiche) possono trovare nuovi utilizzi come materia. In particolare le plastiche miste, dopo estrusione e triturazione come dimostra il Centro di Riciclo di Vedelago (TV), sono utilizzabili nella produzione di manufatti  edili.



 Tabella. Confronto tra il Piano di Gestione con inceneritore (A Caldo) e il Piano senza inceneritore (A Freddo), fatta cento l’attuale produzione di MPC



    A Caldo    A Freddo



Da gestire    100    80



Al riciclo    36    43



Inceneriti    64    0



Biostabilizzati    0    32



Discarica    19    0



Stoccati    0    22



L’analisi di questa Tabella segnala l’importanza strategica di dare priorità a scelte che inducano la riduzione alla fonte nella produzione di rifiuti.

Se si raggiunge l’obiettivo di riduzione alla fonte del 20%, la quantità di scarti da raccogliere e avviare al riciclo non sarà molto diversa da quella prevista dal Modello a Caldo, come pure la quantità di scarti da stoccare nello scenario  senza inceneritore non è molto diversa dalla quantità di ceneri prodotte dal “termovalorizzatore” dello scenario a caldo.

Nella Tabella volutamente si sono usati e tenuti distinti i termini discarica e stoccaggio.

Le ceneri prodotte dagli inceneritori devono essere inertizzate, ad esempio mescolandole a cemento,  e prudenza vorrebbe, per l’elevato contenuto di metalli tossici e composti organici genotossici, che dopo questo trattamento le ceneri siano messe in discariche per rifiuti speciali. Scarti a base di cellulosa (carta e cartone, pulper da cartiere) , di plastiche eterogenee   e sostanza organica biostabilizzata (compost)  sono di fatto inerti e possono essere stoccate provvisoriamente  in depositi  con caratteristiche simili alle attuali discariche per rifiuti urbani che tuttavia non avranno il problema della produzione di eluati e gas serra, in quanto lo scarto putrescibile è in pratica assente.

Come già accennato , questi depositi sono da considerarsi stoccaggi provvisori (5-10 anni) da utilizzarsi non appena le attuali tecnologie in grado di trasformare scarti cellulosici in bioetanolo e gli scarti polimerici in olio diesel saranno entrate nella piena maturità tecnologica e commerciale. Questo utilizzo, prevalentemente destinato all’autotrazione,  appare molto più efficiente dal punto di vista energetico ed ambientale della termovalorizzazione.



Riduzione della produzione

La scelta prioritaria  e innovativa del Modello Italia Nostra è quella di invertire l’attuale progressiva crescita della produzione procapite di rifiuti e raggiungere rapidamente l’obiettivo di ridurre del 20% l’attuale produzione. Questo obiettivo è raggiungibile con misure locali e nazionali.

Le scelte che possono fare Comuni, Province, Regioni sono:

1. Introduzione della Tariffa puntuale calcolata in base all’effettiva produzione di scarti indifferenziati. Questo calcolo è possibile con sistemi di raccolta porta a porta. Numerose esperienze nazionali hanno dimostrato riduzioni della produzione del 10-15 % in base a nuove scelte di acquisto e consumo da parte delle famiglie e aziende, finalizzate a ridurre la loro produzione di imballaggi

2. Incentivazioni (sconti in base a autocertificazioni) al compostaggio domestico anche in ambito urbano che fa scendere fino al 30% la produzione familiare di MPC. Questa misura dovrebbe coinvolgere gran parte delle famiglie italiane dedite al giardinaggio, stimata pari al 20% del totale di famiglie.

3. Incentivazioni ai mercati dell’usato (ad esempio con l’esenzione dalla Tariffa Igiene urbana per questi esercizi).

4. Incentivazioni alla creazione delle Banche Alimentari per il recupero di alimenti prodotti dalla ristorazione e dalla grande distribuzione. altrimenti destinati al macero.

5. Favorire la vendita di prodotti sfusi (pasta, cereali, detersivi, latte,vino…) nella piccola e grande distribuzione.

6. Promuovere l’uso dell’acqua da rubinetto, laddove questa è di alta qualità, a partire da mense scolastiche e aziendali

7. Promuovere l’uso di pannolini lavabili, a partire dagli asili nido comunali

8. Promuovere l’abolizione dell’usa e getta negli alberghi, nella ristorazione, nelle sagre e nelle feste di partito





Le scelte del Governo

Il governo nazionale  deve fare rapidamente tre scelte fondamentali per promuovere la riduzione dei rifiuti e Italia Nostra dovrà far pressioni perché avvengano:

1. divieto di fornire gratuitamente sacchetti per la spesa

2. reintroduzione del vuoto a rendere su tutti i contenitori di bevande di largo consumo.

3. Modificare il regolamento del Consorzio Nazionale  Imballaggi (CONAI)



Con queste scelte anche il nostro Paese si affiancherebbe al resto dell’Europa e agli Stati Uniti dove da tempo è legge il Vuoto a Rendere applicato anche ai contenitori in plastica; altri paesi tra cui Cina e Irlanda hanno vietato o limitato fortemente l’uso di sacchetti in plastica

Ogni anno in Italia sono usate e gettate 300.000 tonnellate di sacchetti di plastica e 350.000 tonnellate di bottiglie in PET per la confezione di acqua potabile. Si tratta di due anomalie mondiali difficilmente sostenibili con i costi crescenti del petrolio e dell’energia.

La terza scelta deve  cancellare la norma che equipara l’incenerimento delle plastiche ad una pratica di riciclo, in quanto in contrasto con le norme comunitarie e con gli accordi di Kioto.

I soldi dei consumatori così risparmiati devono essere usati  per incentivare economicamente la raccolta differenziata della frazione umida destinata al compostaggio. Si tratta di estendere a questa importante frazione, che da sola rappresenta tra il 20 e il 30% dei rifiuti  urbani, quanto è già stato fatto per la carta, che nonostante non sia un imballaggio, gode dei contributi CONAI erogati da questo Ente ai comuni che effettuano raccolte differenziate in proporzione alla quantità e alla qualità dei materiali post consumo raccolti in modo differenziato.


mercoledì 15 ottobre 2008

Slow Food Low Impact

Il prossimo Salone del Gusto- Terra madre (Torino 23-27 Ottobre) potrebbe essere il prototipo di grande evento a basso impatto ambientale. La riuscita dell'esperimento è garantita dalla serietà di Slow Food e dalla consulenza del Politecnico di Torino. Per l'edizione di quest'anno l'obiettivo è di ridurre l'impatto ambientale del 50%, rispetto alle passate edizioni, ma nel 2012 l'impatto del Salone del Gusto di quell'anno potrebbe essere pari a zero.

Vediamo alcuni degli accorgimenti che saranno adottati: gli allestimenti saranno realizzati con pannelli fatti di un impasto di legno e cemento, materiale che dopo l'evento sarà ritirato dalla società Autostrade ed utilizzato per realizzare fondi stradali. Gran parte della cartellonistica sarà realizzata con cartoncino riciclato e a sua volta riciclabile; abolita la moquette lungo i percorsi guida, a loro volta segnalati da vernice rimuovile senza solventi. Piatti, posate e borsine, saranno in materiali biodegradabili e dopo l'uso saranno raccolti in modo differenziato ed usati per fare compost. L'energia elettrica per l'evento sarà in prevalenza prodotta con biogas da fermentazione anaerobica di rifiuti di allevamenti zootecnici.

E infine, il bilancio della CO2 sarà compensato piantando alberi, non nella lontana Costarica, ma nel più vicino parco fluviale del Po.

Mi sembra un bel progetto che certamente, vista l'energia e la credibilità di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, avrà successo.

Qui a Genova, nel nostro piccolo, abbiamo realizzato un mese fa la prima "sagra di quartiere" a basso impatto ambientale. Niente di eccezionale, ma una vera rivoluzione nell'attuale panorama genovese: organizzazione della raccolta differenziata di vetro, plastica e umido e uso di stoviglie biodegradabile compostabili. Non è andato tutto per il meglio, ma è stato certamente l'avvio di un nuovo corso. 

lunedì 13 ottobre 2008

Yougurt Domestico

Se vi piace lo yogurt vi svelo alcuni piccoli segreti per farvelo in casa: spenderete molto meno e , cosa più importante, ridurrete drasticamente la vostra produzione di rifiuti.

Affinchè la produzione casalinga abbia successo è utile capire che cosa è lo yogurt. Lo yogurt si forma quando particolari microorganismi  ( fermenti lattici) vengono a contatto con il latte. Questi microorganismi utilizzano il lattosio ( lo zucchero presente nel latte) come loro fonte di nutrimento e lo trasformano in acido lattico. L'accumulo di questo acido, aumenta ovviamente l'acidità del latte e in queste condizioni le proteine presenti nel latte (caseina) cambiano la forma della loro molecola (si dice che le proteine si denaturano) e fanno assumere al latte il tipico aspetto cremoso dello yogurt.

Gran parte degli yogurt in commercio sono fatti con i fermenti ( microorganismi) ancora vivi e vegeti e in questo caso gli stessi fermenti si possono riprodurre facilmente se messi in condizioni ideali per loro: al caldo e con tanto lattosio.

Il problema è che questi fermenti, molto selezionati, possono essere soppiantati dai tanti altri microorganismi "selvaggi", presenti in natura, altrettanto avidi di lattosio. Pertanto bisogna adottare qualche trucco per evitare che i microorganismi selvaggi prevalgano.

Ed ecco la ricetta.

Vi suggerisco per prima cosa di comprare una yogurtiera, che poi non è altro che un contenitore riscaldato elettricamente a temperatura costante. Non costano molto e dopo qualche ciclo di produzione casalinga di yogurt potrete amortizzarne il costo. Uno dei trucchi per il successo di questa operazione è che i fermenti trovino subito la temperatura a loro gradita.

Il secondo oggetto che dovete procuravi è una pentola a pressione con l'accessorio per la cottura a vapore (di solito una sorta di ventaglio in acciaio forato). La pentola a pressione vi servirà per sterilizzare i vasetti di vetro che userete per preparar lo yogurt e in questo modo ridurre la probabilità che i fermenti selvaggi vi mangino il latte trasformandolo in latte acido, assolutamente immangiabile.

A questo punto vi serve un litro di buon latte, un vasetto di yogurt della marca preferita ( purchè i fermenti siano vivi), una brocca da un litro, una forchetta e i vasetti di vetro che di solito sono venduti insieme alla yogurtiera.

Mettete sul fondo della pentola a pressione due dita di acqua, inserite all'interno della pentola la retina per la cottura a vapore e sopra alla retina,  a testa in giù, mettete i vasetti di vetro. Chiudete la pentola e riscaldate fino a quando il vapore non esce dalla valvola, lasciate in pressione per 10 minuti e chiudete il fuoco.

Mentre i vasetti stanno a raffreddare, attaccate la yogurtiera alla corrente in modo che si riscaldi alla giusta temperatura, versate il contenuto di una confezione di yogurt nella brocca e aggiungete a piccole dosi per volta il latte, mescolando bene con la forchetta, in modo che lo yogurt si amalgami bene con tutto il latte.

Aprite la pentola a pressione, e con le dovute cautele ( presina) trasferite i vasetti tiepidi nella yogurtiera e versatevi dentro la miscela di yogurt e latte, chiudendo subito bene con gli appositi coperchi a vite. Mettete il coperchio della yogurtiera e coprite il tutto con uno o più panni, in modo da disperdere al minimo il calore ( risparmio energetico) e fare in modo che al più presto il latte raggiunga la temperatura ideale per i micro-organismi  "buoni".

Questi si moltiplicheranno velocemente  e dopo 12 ore ogni vasetto di latte si sarà trasformato in un vasetto di yogurt. Metteteli subito in frigorifero e consumateli tutti , tranne uno.

Questo ultimo vasetto vi servirà per produrre, con la procedura descritta, un altro litro di yogurt!

Per procedere all'infinito, sarebbe opportuno tutte le volte sterilizzare i vasetti. Tuttavia se i vostri fermenti sono sufficentemente robusti, se avete lavato bene i vasetti e i coperchi dopo l'uso, la sterilizzazione può essere fatta ogni tre, quattro cicli. Comunque,nella peggiore dell'ipotesi, quando il sapore dello yogurt auto prodotto non sarà più come quello che vi piace, potete ricominciare l'auto produzione acqusitando in negozio un nuovo vasetto di yogurt.

ps: per avere risultati più duraturi sarebbe opportuno sterilizzare anche i coperchi. Se come di solito, questi sono di plastica, la sterilizzazione a vapore non va bene, il calore li deforma. Si può ovviare con un buon lavaggio con detersivo. Una alternativa è trovare vasetti in vetro con tappo a vite in metallo, di dimensioni idonee per la yogurtiera. In questo caso si possono sterilizzare a vapore sia i vasetti che i loro coperchi.

Fatemi sapere come è andata.

Postato da: federico46 a 12:34 | link | commenti (8)
economia domestica


Commenti:
#1  13 Ottobre 2008 - 13:24
 
Se posso commentare, noi facevamo lo yoghurt con latte UHT ma abbiamo scoperto che si può fare anche con latte fresco (noi lo prendiamo all'italmark che ha latte austriaco da mucche che pascolano a ERBA, e non è poco; hanno anche risposto a una nostra mail). Basta portarlo a bollitura. Viene uno yoghurt austriaco che è la fine del mondo, non è acido e non necessita zucchero. E se il barattolo di vetro non è esattamente delle dimensioni della yoghurtiera avvolgerla con una vecchia calza.
Gemma
utente anonimo
#2  13 Ottobre 2008 - 16:02
 
A seguito delle indicazioni del buon Maurizio Pallante, che vede nell'autoproduzione dello yoghurt l'archetipo della lotta contro il PIL, per oltre un anno l'abbiamo fatto in casa.

Non proprio lo yoghurt per la verità ma il KEFIR, variante che risulta buonissimo anche acidulo (anzi, è buono così). Il problema è che alimentare i grumi di Kefir era diventato un vero LAVORO, se non si cambiava il latte praticamente tutti i giorni diventava imbevibile e occorreva filtrarlo e rimetterlo con altro latte fresco, alla fin fine consumavamo molto più latte di quanto normalmente facevamo. Andare in vacanza poi era uno strazio, perchè analogamente ad un animale domestico dovevamo "affidarlo" a qualche parente che avesse cura di lui per non farlo morire.... insomma, alla fine lo abbiamo SUICIDATO ed ora di tanto in tanto compriamo uno yoghurt al supermercato (che vergogna).

Comunque, ora abbiamo il latte alla spina vicino a casa, riempito nelle bottiglie di vetro, lo consumiamo NON BOLLITO e non ci è mai venuta l'orticaria, buonissimo ed economico.
utente anonimo
#3  13 Ottobre 2008 - 16:18
 
Anch'io utilizzo la yougurtiera e il latte crudo dei distributori alla spina. Dopo la bollitra e raffreddamento del latte la procedura è identica. Visto però che in famiglia siamo in 4 e ognuno ha i propri gusti io mi deve sbizzarrire aggiungendo ad ogni vasetto (prima del latte) praticamente di tutto. Frutta fresca cotta con dello zucchero e raffreddata, caffè solubile e zucchero, scagliette di cioccolato e zucchero, un infuso di latte zucchero e liquerizia purissima ridotta in polvere, frutta sciroppata, insufo con stecche di vaniglia e zucchero...insommma un po' per tutti i gusti in una produzuone quasi quotidiana per avere in frigo un assortimento che soddisfi tutta la famiglia. Un lavoraccio direte voi: no assolutamente, ed evidare le decine di barattolini di plastica che buttavo prima è una grande soddisfazione sapendo in più di mangiare qualcosa di naturale e gustoso..e a basso costo!!
utente anonimo
#4  13 Ottobre 2008 - 16:21
 
Come al solito ho dimenticato la firma...e anche di dire che la produzione di yougurt la faccio con latte che arriva da aziende agricole lontane dall'inceneritore...sperando bene!!!
Giulia - Bs
utente anonimo
#5  13 Ottobre 2008 - 16:37
 
Per Giulia: io ho letto che il latte padano è tutto mescolato, e (dico io) siccome la nostra valletta padana è pina di inceneritori, di mucche nel fango accanto all'autostrada, io eviterei il latte nostrum, benchè dicano dappertutto che è controllato. Se non sbaglio il proverbio dice "a pensar male ecc ecc". Gemma
Ciao
utente anonimo
#6  13 Ottobre 2008 - 19:13
 
Beh Gemma che la nostra campagna sia tutta mediamente "ben" inquinata è vero, ma o trovo del latte di qualche valletta altoatesina sperduta e quasi incontaminata o mi sa che purtroppo la questione non cambia molto. Il latte che prendo non è "mescolato" poichè ogni distributore alla spina è rifornito da un solo allevatore, questa però non è certo una garanzia...ma visto che anche il latte della Centrale ha un tasso di diossina già "di attenzione", cioè è inquinato ma a norma di legge, cerco di acquistare il meno peggio.
utente anonimo
#7  13 Ottobre 2008 - 19:46
 
Sorry Giulia, io intendevo il latte che si compra al supermercato, quello è mescolato. Per quello alla spina ho voci di corridoio diverse che non so decifrare: una volta mi è stato detto che il contenitore non viene lavato sempre (e questo sarebbe un ulteriore pericolo per la salute-batteri a gogo), ma una signora che aveva le mucche mi dice che se non si lava il contenitore il sapore cambia subito in batteriologico, per cui se non è così... Gemma
utente anonimo
#8  06 Novembre 2008 - 19:50
 
a me il kefir piace quasi più dello yogurt, e non penso che cambiarli il latte una volta al giorno sia una grande impresa ho visto che il venditore ha già concluso parecchie transazione per la vendita del kefir; ha rimesso in vendita qui: http://cgi.ebay.it/ws/eBayISAPI.dll?ViewItem&rd=1&item=160297140813&ssPageName=STRK:MESE:IT&ih=006

il venditore si chiama auctionbestseller e risponde ad ogni richiesta. anche se vuoi sia il kefir di latte che quello di yogurt assieme, ti fa un prezzo che gli altri venditori non fanno.
mi auguro di essere stato utile, se vi piace il kefir...
un saluto a tutti
utente anonimo

giovedì 9 ottobre 2008

Confronto a BRESCIA

Il 7 ottobre, a Brescia, interessante faccia a faccia tra il sottoscritto e Paolo degli Espinosa. Tema del confronto quale sia il miglior modello di gestione dei Materiali Post Consumo: quello di Brescia (megainceneritore) o quello che stiamo cercando di costruire a Genova (priorità alla riduzione, al riciclo, ai trattamenti biologici a freddo).

E' il secondo faccia a faccia, tra le decine di incontri pubblici che ho fatto su questi argomenti in tutt'Italia. Il primo è avvenuto in Sardegna, su invito dei sindaci di Ottana e dintorni che volevano conoscere prima di decidere; scelta saggia, ma poco seguita in Italia.  Per inciso,  mi sono giunte notizie che quell'impianto non si fa.

Sull'esito del confronto bresciano lascio il giudizio ai numerosi partecipanti e in particolare agli organizzatori dell' Osservatorio bresciano per la difesa dello Stato di diritto.

Al momento alcune mie riflessioni.  Non ho dubbi che oggi, a tutela della salute pubblica,  Brescia debba in modo prioritario risolvere i gravi problemi lasciati in eredità dallo sviluppo industriale del passato (Caffaro) e debba affrontare con coraggio le pesanti, attuali emissioni delle diverse acciaierie presenti sul suo territorio; è da questi impianti che vengono i maggiori problemi. Tuttavia questo non può assolvere le emissioni del mega inceneritore (oltre 800.000 tonnellate incenerite in un anno), che aggiungono inquinanti ad altri inquinanti. Non mi risulta nessun dato serio che possa indicare come le ricadute al suolo di composti persistenti (metalli e diossine) e il loro accumulo attuale e quello che si può prevedere nei prossimi 20 anni di esercizio, prodotte dall'inceneritore e dalle altre fonti, siano a livelli di sicurezza.

Nel corso del confronto è stata data  notizia che  latte prodotto dalle parti di Brescia abbia un livello di diossine simile a quello delle mozzarelle di bufale della Campania e che in pieno ferragosto con i bresciani al mare e le acciaierie chiuse, la diossina dell'aria era particolarmente elevata. Che in quei giorni l'inceneritore era in funzione, è un fatto; che sia lui il colpevole, un fatto da accertare: le procedure esistono se si vogliono usare!

Anche sui benifici ambientali del teleriscaldamento occorre fare chiarezza. Quanta acqua calda prodotta dall'incenerimento dei rifiuti è effettivamente utilizzata dai bresciani nel corso dell'anno? Quale è l'efficenza energetica delle case bresciane teleriscaldate? Se, come è altamente probabile, tale efficenza è bassa, quali benefici ambientali si potrebbero avere (estate e inverno) aumentando la loro coibentazione?  Se si abbinasse la coibentazione al  teleriscaldamento, con un impianto di cogenerazione a metano (che è energeticamente più efficente,  non produce ceneri, metalli pesanti, ...) a parità di calorie utilizzate, si avrebbe un impatto maggiore o minore di quello dell'inceneritore ?

Infine ho trovato metodologicamente scorretto e l'ho detto più volte,  sia nell'intervento di Degli Espinosa che ha fatto finta di non capire,  sia sul "Rapporto dell'osservatorio sul funzionamento del termoutilizzatore di Brescia" il confronto delle emissioni di questo impianto con tutte le emissioni industriali della Lombardia. E già che c'eravamo perche non fare un confronto con tutte le emissioni della pianura padana, vista la sua natura di "grande calderone " dove tutto si mescola e ristagna per giorni?

Il vero ed unico confronto è quello delle emissioni di un un impianto a caldo da 800.000 tonnellate di MPC come l'inceneritore di Brescia,  con impianti a freddo di analoga capacità, realizzati in prossimità dei luoghi di produzione.  E i dati a mia disposizione dicono che vincerebbe alla grande quest'ultima scelta

Postato da: federico46 a 08:57 | link | commenti (13)
ambiente e società, materiali post consumo


Commenti:
#1  09 Ottobre 2008 - 09:21
 
Professore la serata è stata molto interessante ed è emerso chiaramente l'insostenibile impatto ambientale ed economico dell'inceneritore della mia città. Tralascio ogni commento su Degli Espinosa che comunque condivideva molte delle tesi da Lei esposte e ritengo che il suo tentare di spostare l'attenzione sulle altre molteplici fonti di inquinamento cittadino non ha fatto altro che evidenziare la mancanza di dati a favore dell'inceneritore.
La cosa peggiore, a mio parere, è stata l'intervento del presidente della sezione locale di Legambiente. Siamo abituati al suo sostegno incondizionato all'inceneritore cittadino ma vederlo portare dati sull'inquinamento industriale per coprire quello prodotto dall'inceneritore è stata l'ennesima delusione. Come ambientalisti siamo più che consapevoli dei danni provocati dalle industrie della zona, e ci muoviamo attivamente anche su questo fronte ma il tema della serata era un'altro.
In ogni caso il pubblico era molto attento e son certa che sia riuscito a cogliere il nocciolo della questione: gli inceneritori non servono e sono dannosi meglio puntare a sistemi più sostenibili sia dal punto di vista ambientale che economico.
Giulia - Bs
utente anonimo
#2  09 Ottobre 2008 - 11:58
 
Secondo me il fatto che Degli Espinosa condividesse molte delle tesi esposte dal dott. Valerio mostrava una tecnica da politico, che non vuole (e non può, davanti a persone che già qualcosa sanno) mettersi "contro", ma dà una carezz a o un buffetto al suo "relatore-antagonista" proprio per evitare il rischio di caduta libera. Dimostrando probabilmente che in realtà anche lui conosceva gli argomenti del dott. Valerio. E proprio per questo, la figuraccia l'ha fatta comunque, no? (a parte il fatto che non desse UN dato che sostenesse quello che lui "pensava".
Gemma
Bs
utente anonimo
#3  09 Ottobre 2008 - 13:33
 
Nella sua presentazione Lei ha fatto riferimento a 131mila tonnellate di ceneri pesanti e ad altre sostanze che vengono annualmente prodotte dall'inceneritore. Questi prodotti vengono liberati nell'aria e quindi provocano l'inquinamento, oppure sono sostanze che vengono prodotte ma fermate all'interno dell'inceneritore stesso? Sembra piuttosto improbabile che una quantità simile di sostanze dannose venga liberata nell'aria senza un minimo di controllo attraverso dei filtri. Nella Sua presentazione manca questo importante dato in quanto vi è differenza tra un caso (viene tutto liberato in aria) e l'altro (vi sono dei filtri che ne limitano l'emissione). Senza una corretta specificazione sono dati che spaventano ma sembrano "buttati lì" giusto per sostenere la sua tesi. Per il resto il suo intervento è stato molto interessante ed esaustivo, e ha permesso di vedere una via alternativa per il futuro.
Silvia
Brescia
utente anonimo
#4  09 Ottobre 2008 - 14:46
 
Cara Silvia
era per me ovvio che le ceneri sono un rifiuto solido che pertanto non se ne vanno nell'aria ma che se non correttamente gestite provocano inquinamento del suolo e delle falde.
La prossima volta, spiegherò meglio questo fatto, ovvero che l'inceneritore per ridurre il volume di rifiusti solidi produce rifiuti solidi ( le ceneri) ancora più pericolosi dei rifiuti trattati.
Utente: federico46 Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. federico46
#5  09 Ottobre 2008 - 15:29
 
Se posso, e a quanto ho capito (ma si trova anche tra la F.AQ. sul blog di Stefano Montanari), i moderni inceneritori producono meno diossine ma più nanoparticelle (che si creano alla temperature più alte). Non ci sarà mai un filtro in grado di bloccare le nanoparticelle che respiriamo ammalandoci: "pensare di fermare le nanoparticelle equivale a pensare di fermare le zanzare con un cancello". Questa è la frase che non riesco a togliermi dalla testa.
Gemma
Bs
utente anonimo
#6  09 Ottobre 2008 - 17:44
 
Dott.Valerio buona sera,
Serata scontata.
Degli Espinosa sarebbe riuscito nel suo intento politico se non ci fossero state persone attente e almeno parzialmente informate.
Io sono rimasto scioccato dal fatto che dall'entrata in funzione dell'inceneritore le analisi ( che avrebbero docuto essere state fatte per contratto ) non esistano neppure.
Abbiamo qualche arma legale per poterle pretendere?
Luca-Bs
utente anonimo
#7  10 Ottobre 2008 - 07:25
 
Le nanopolveri sono generate da tutti i processi di combustione e l'incenerimento non fa eccezione. Il problema è quantificare con adequata accuratezza questo fenomeno e quindi mettere a punto metodi in grado di contare le particelle, classificate in base alle loro dimensioni. Questo si può già fare, ma per fare confronti seri occorre che queste tecnologie siano validate, come da norma, da organismi internazionali ed indipendenti.
Nel caso dell'inceneritore di Brescia non credo che sussista l'equazione meno diossine, più nanopolveri, in quanto il forno ha mantenuto le caratteristiche originali mentre si è lavorato a valle, sul trattamento fumi aumentandone l'efficenza. Questo ha spostato una parte dei problemi dal comparto aria (fumi) al comparto suolo (ceneri) con la produzione di una maggiore quantità di rifiuti solidi tossici (ceneri leggere). Peraltro a Brescia la riduzione delle concentrazioni di numerosi inquinanti all'uscita del camino è stata controbilanciata da un aumento dei MPC inceneriti (da circa 200.000 tonellate all'anno a 800.000 tonnellate all'anno).
Pertanto se le diossine emesse risultano in diminuzione, in base alle misure dell'azienda, dall'avvio dell'impianto e il suo progressivo ampliamento, sono in progressivo aumento le emissioni di polveri, di ossidi di azoto e la produzione di ceneri.
Che io sappia le autorizzazioni all'impianto non obbligavano i controlli sul terreno e comunque dubito che siano mai stati fissati limiti alla ricaduta al suolo di metalli e diossine. Il vero problema igienico sanitario sta esattamente qui. L'altra sera è stato affermato che questi controlli erano stati concordati nell'iniziale patto con i cittadini. A quanto pare questi patti non sono stati onorati. Si tratta di una responsabilità morale per cui non si andrà in galera ma che occorre che l'opinione pubblica conosca.
Comunque questi controlli, anche se ora meno efficaci, si possono fare da subito. Mi permetto di suggerire di stabilire prima le regole del gioco, ovvero decidere cosa si fa se le ricadute al suolo sono superiori a quelle indicate, ad esempio dai ricercatori fiamminghi, e giudicate sufficententi per una corretta tutela della salute pubblica in quanto nelle peggiori delle ipotesi l'assunzione giornaliera di diossina sarà inferiore alla attuale dose ritenuta tollerabile.
Tornando alle nanopolveri, qualche misura su impianti reali si cominciano a fare. Sulla loro attendibilità ci sono le riserve già dette. Comunque i risultati sono che anche gli inceneritori dell'ultima generazione producono nanopolveri, ma molto meno di quante ne escono da una caldaia a legna e in quantità sostanzialmente confrontabile con quelle emesse da un impianto a metano. Comunque un serio confronto dovrebbe essere fatto tra impianti con analoghi trattamenti fumi.
E a questo punto ribadisco le mie conclusioni: non siamo obbligati ad incenerire i rifiuti per risolvere il problema e l'incenerimento non è la scelta più intelligente: con l'unico vantaggio di ridurre i volumi dei rifiuti, l'incenerimento produce rifiuti gassosi e solidi più tossici di quelli presenti nei rifiuti trattati, con un recupero di energia che non basta per produrre gli oggetti termodistrutti a partire dalle materie prime vergini (scelta obbligatoria dopo la termodistruzione) e che è nettamente inferiore all'energia che si risparmia riusando o riciclando o compostando i rifiuti stessi.
Pertanto giudico l'incenerimento dell'ultima generazione uno stupido accanimento terapeutico che si può continuare a fare solo se l'utente, tenuto nell'ignoranza, continua a pagare in modo palese (tassa rifiuti) e in modo occulto (tassa imballaggi, tassa per le fonti di energia rinnovabile) lo stesso servizio.
ps: per chi vuole approfondire il tema, mi pare di capire poco noto, delle polveri pesanti e leggere prodotte dagli inceneritori l'invito è leggere il mio ultimo articolo, scaricabile dai media di questo Blog.
Utente: federico46 Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. federico46
#8  10 Ottobre 2008 - 18:16
 
Prof, esiste una registrazione dell'incontro?

Fabio A.
utente anonimo
#9  10 Ottobre 2008 - 18:35
 
Professore, Abito A livorno, dove fAccio lA rAccolta differenziatA mettendo i diversi mAteriali nei cAssonetti Appositi che si trovano abbastAnzA facilmente. oggi sono a GenovA da miA sorellA, che invece hA molte difficoltà A trovAre i cassonetti dellA differenziata, lei Abita A saN teodoro, e qui ci sono i cAssonetti solo per il vetro. dove lAvora, invece, A sestri ponente, ci sono tutti i cassonetti per i vAri materiali. mi scusi per le maiuscole, mA lA tastierA funzionA male.
un sAluto enricA mArtolini
utente anonimo
#10  11 Ottobre 2008 - 21:17
 
Serata molto interessante, finalmente ho conosciuto il "mitico" Degli Espinosa colui che ha ideato la "Bestia" come l'ha lui stesso definita.
Confronto senza paragoni, un esposizione attenta, precisa nei dati e nei riscontri documentali quella del prof. Valerio, quanto confusionaria, fuorviante e imprecisa quella di Degli Espinosa.
Sconvolgente l'intervento a difesa dell'inceneritore senza ritegno del coordinatore provinciale di Legambiente che ha avuto pure il coraggio di qualificarsi come tale. La posizione di Legambiente era chiara, ma sentirsela sbattere in faccia così... Per poi aggiungere la critica senza riserve al sistema di raccolta porta a porta difendendo il cassonetto gigante... pazzesco.. pazzesco.
Alcune domande fatte alla fine dell'incotnro sono rimaste senza risposte: Ma se la provincia di Brescia produce 450 mila tonnellate di rifuti perchè avere un inceneritore che ne brucia 800 mila...? E da dove vengono le altre 400 mila? Perchè ce ne dobbiamo fare carico noi e la nostra salute? E se pure riducessimo i rifiuti... vorrà dire che aumenterà la parte di rifiuti importata, quindi in ogni caso l'inceneritore brucerà le sue 800 mila tonnellate.
Vito - Amici di Beppe Grillo di Brescia
utente anonimo
#11  12 Ottobre 2008 - 17:13
 
Genova in questo momento non è affatto un modello per quello che è stato fatto negli anni passati. Siamo ad una raccolta differenziata vergognosamente ferma al 17%. Il modello che sosteniamo è quello che stiamo costruendo, faticosamente con la nuova sindaco Marcta Vincenzi, l'assessore competente , Carlo Senesi, e l'intera giunta. I diversi passi fatti per costruire questo modello li trovate nel Blog (modello Geova) e spero proprio di potervene raccontare altri nei prossimi giorni.
Un merito tuttavia i genovesi ce l'hanno, hanno mandato in soffitta ben tre proposte di inceneritore negli ultimi 15 anni.
Se il nuovo corso Genovese regge, ce la possiamo fare a realizzare il modello Genova, proprio perchè non abbiamo il mega inceneritore che, una volta realizzato, detta tutte le sue regole.
Per chi è interessato la serata è stata ruipresa da tre teecamere con l'intenzione di ettere tutto in rete.
Utente: federico46 Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. federico46
#12  12 Ottobre 2008 - 20:43
 
Il filmato della serata sarà in rete a breve, appena pronto vi segnalerò il link.
Giulia - Bs
utente anonimo
#13  15 Ottobre 2008 - 10:44
 
Il filmato del confronto lo potete vedere qui:

http://altrabrescia.ning.com/profiles/blog/show?id=2041463:BlogPost:3881

Giulia - Bs

venerdì 3 ottobre 2008

Morte a Scarpino

Ieri pomeriggio è accaduta una tragedia terribile. Un giovane operaio occupato allo scavo di un pozzo di captazione del biogas sviluppato dalla grande discarica di Genova è caduto nel pozzo e ha fatto una fine orribile. L'unica cosa da sperare per lui è che la morte per asfissia sia avvenuta rapidamente.

Sono in corso accertamenti per capire la dinamica dell'incidente. Sulla carta,  l'azienda che ha in concessione lo sfruttamento del biogas prodotto dalla discarica di Scarpino aveva attivato tutte le norme di sicurezza, ma evidentemente qualche cosa è andata storta.

Una discarica attiva è una brutta bestia su cui lavorare. A pochi metri dalla superfice l'intensa attività microbica produce calore  e elevate temperature( fino a 70° C) e libera gas asfissianti ( anidride carbonica e metano). Il metano mescolato all'aria può espodere e la massa di materiali biodegradabili in trasformazione rende instabile la discarica stessa, in quanto i volumi sotterrati nel tempo si riducono di volume e si compattano.

L'operaio morto era impegnato in un'opera utile: la coltivazione energetica della discarica con il recupero del biogas e la sua trasformazione in energia elettrica.

Questa tragedia non doveva succedere.

Postato da: federico46 a 10:08 | link | commenti (11)


Commenti:

#1  03 Ottobre 2008 - 09:10
la storia si ripete... le morti bianche sono sempre dietro l'angolo. Maria
utente anonimo

#2  04 Ottobre 2008 - 20:04
Il lungo elenco dei morti sul lavoro non ha fine, come può dirsi "civile" un Paese dove le morti bianche sono praticamente all'ordine del giorno?!!
Uscir di casa per andare al lavoro e non tornare più......quasi fosse una guerra.
Giulia - Bs
utente anonimo

#3  06 Ottobre 2008 - 06:45
E questa tragedia è stata purtroppo sfruttata da Bertolaso durante Ambiente Italia, sfruttata tra l'altro per non rispondere alle sue affermazioni, prof, riguardo al fatto che a Genova si vuol fare a meno di inceneritori.

Prof, perché gli diamo sempre così tanto spazio a tipi come Bertolaso? Perché quell'individuo riesce sempre e comunque a farci una bellissima figura da salvatore della patria? Perché non siamo in grado di sfruttare tutti i piccoli spazi che ci vengono concessi per mettere in luce la loro malafede?

Io ero il ragazzo col cappello con visiera, che armeggiava con un cellulare alle spalle del conduttore, ed ogni tanto andava in bestia per le castronerie pronunciate da Bertolaso.

Mi sarebbe piaciuti che qualcuno degli intervistati avesse ribattutto alle affermazioni infamanti e diffamanti di Bertolaso e Giannini, ma questo non è avvenuto, il che le ha di fatto legittimate.

Sigh.

Fabio A.
utente anonimo

#4  06 Ottobre 2008 - 11:53
Da Genova erano previsti due diversi collegamenti da tre-quattro minuti ciascuno. A me il compito di osservazioni critiche, dal punto di vista scientifico, sull'incenerimento. Siamo stati come degli scemi ad aspettare sotto il sole che arrivasse il nostro turno. E' andata come avete tutti visto. Comunque il modello Genova, pur con tutte le sue difficoltà da superare sta andando avanti..
Utente: federico46 Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. federico46

#5  06 Ottobre 2008 - 20:10
Ciao Federico, sono Pennywise ti scrivo per chiederti se posso pubblicare sul mio blog alcuni tuoi articoli
utente anonimo

#6  06 Ottobre 2008 - 20:29
sono sempre Pennywise scusa ma nel post precedente non vedo il mio link http://informazionesenzafiltro.blogspot.com
utente anonimo

#7  07 Ottobre 2008 - 06:41
Cara Pennywise
ovviamente mi fa piacere la diffusione dei miei articoli.
Sexondo te per quale motivo avrei avviato questo Blog?
Utente: federico46 Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. federico46

#8  07 Ottobre 2008 - 07:57
Ciao Federico sono Pennywise ti ringrazio per il permesso a pubblicare tuoi post e preciso che sono un maschietto ;)
utente anonimo

#9  08 Ottobre 2008 - 14:28
Dottore, complimenti e grazie per ieri sera a Brescia. Noi alle 23.15 siamo ce ne siamo andati dopo il mio "intervento" sulle nanoparticelle (ho fatto moolta fatica perchè sono moolto timida), perchè era tardi e perchè sentir parlare Paolo degli Espinosa era una tortura. Mi stupiva sentir parlare di PM10 e diossina, limiti di legge ecc quando sappiamo che i limiti di legge non proteggono la nostra salute ma vengono soltanto movimentati a seconda della necessità (più emissioni? più inquinamento? alziamo i limiti di legge!). Mi spiace non essere riuscita a fare un discorso più articolato, cosa che riuscivano tutti a fare. Avrei voluto chiedere a Degli Espinosa se lui non si preoccupa di cosa RESPIRA. E anche dire che da 6 anni ho il diabete, e il motivo è autoimmune, che per me equivale a dire "non so" (e sono un po' stufa di punture e mi fanno male le dita).
Gemma Bs
utente anonimo

#10  08 Ottobre 2008 - 20:58
Mi scuso Dott. Valerio se rubo spazio ma visto che si parla di morti bianche e domani sarà il 9 ottobre mi sento di ricordare dei morti di tanti anni fa perchè la memoria è l'unica arma che abbiamo per cercare di non ripetere gli stessi errori.
Il 9 ottobre di 45 anni fa una immensa frana si staccò dal monte Toc e precipitò nel lago della diga del Vajont. La cafastrofe spazzò via gli operai presenti alla diga in quel monento (morti sul lavoro) e insieme a loro morirono 1910 persone. Persone spazzate via insieme alla propria casa, che non erano al lavoro ma son comunque morte per il profitto di qualcuno, la loro morte era evitabile e in molti (troppi) sapevano che prima o poi il disastro sarebbe arrivato. Per morti bianche io intendo le morti "inutili ed evitabili" che per profitto, incuria o inosservanza delle leggi l'uomo lascia che accadano. Il Vajont è un emblematico esempio della stupidità ed ingordigia umana!
In merito vi segnalo un libro: "L'onda lunga" di Lucia Vastano, vi assicuro che leggerlo vi permetterà di comprendere molte cose sul nostro Paese.
utente anonimo

#11  08 Ottobre 2008 - 20:59
Scusate non ho messo la firma al mio commento sul Vajont: Giulia - Bs

....e grazie ancora Dottore per l'interessnte conferenza di ieri.