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martedì 19 agosto 2008

Differenziata al Sole

L'altra sera, sulla terza rete TV, una bella lezione di come si fa la raccolta differenziata Porta a Porta.

L' "aula" è stata la telenovela " Un Posto al Sole" e il fatto che i personaggi e l'ambientazione sia proprio Napoli ha dato maggiore enfasi a questa scelta, certamente non casuale.

Raffaele, il portiere di casa Palladini, il condominio  dove si intrecciano le vicende dei suoi abitanti, sorprende uno dei giovani inquilini mentre  lascia il sacchetto dei rifiuti a terra vicino ai contenitori della differenziata. E il malcapitato, sorpreso sul fatto, non solo si becca una ramanzina da parte del portiere sulla sua mancanza di senso civico e sui doveri di un genitore di garantire un futuro ai propri figli, ma deve subire anche una efficace lezione di differenziazione: i tappi metallici devono essere separati dai contenitori in vetro, le bottiglie di plastica vanno prima schiacciate e poi chiuse con il loro tappo.

Diciamo che era l'ora che la televisione di stato si accorgesse di quale potente strumento ha in mano per far passare messaggi di pubblica utilità.

E speriamo che la cosa continui. Visto che Raffaele è anche un ottimo giardiniere che cura con attenzione il giardino condominiale, sarebbe bella una prossima puntata "leggera" incentrata sulla decisione  del condominio di fare compostaggio domestico. Non so se Minoli, l'ideatore di questa serie, è uno dei tanti lettori di questo Blog, ma chi può gli faccia arrivare questa proposta.

Intanto, a Napoli, a quanto pare, i portierti veri sono i protagonisti del successo della raccolta porta a porta avviata nel quartiere di colli Aminei ( 22.000 abitanti).

A quasi due mesi dall'avvio si conferma che la raccolta differenziata in questo quartiere ha raggiunto il 77%.

Non mancano i problemi, le polemiche, ma se conosco bene i miei paesani, da Napoli potrebbero arrivare belle sorprese.

Postato da: federico46 a 08:03 | link | commenti (5)
ambiente e società, vedi napoli


Commenti:
#1  19 Settembre 2008 - 09:12
 
EFFETTIVAMENTE dottore devo dirle che in giro c'è un po di confusione....nel senso che si parla molto di differenziare ma pochi "spiegano bene" come farla; a tal proposito le sarei grato se potesse scriverci un bello schemino sul dove mettere o non mettere i tappi, cosa va nel PET e cosa no, quali tipi di carta possono essere riciclati e quali no (es accoppiati alluminio etc..), dove mettere i contenitori tetrapack...
le assicuro che faremo poi in modo tramite i blog di far girare questo documento il piu possibile.

grazie come sempre.
Utente: 1KONAN Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. 1KONAN
#2  19 Settembre 2008 - 10:02
 
Caro Konan mi dai una bella responsabilità. Il fatto è che la confusione non è casuale.
Il CONAI rimborsa i comuni solo per la quota imballaggi raccolti in modo differenziato. Questo vuol dire, ad esempio, che oggetti in plastica che non sono imballaggi ( penne, giocattoli, CD..) non avendo pagato la tassa CONAI non ricevono contributi una volta raccolti in modo differenziato e quindi non ci sono incentivi economici per la loro separazione, anche se questi oggetti sono in gran parte riciclabili.
L'altro elemento di confusione è dato da che cosa c'è dopo la raccolta differenziata. Spesso, temo , che non ci sia nulla.
In realtà dopo la differenziata ci deve essere il riciclo che richiede trattamenti meccanici in grado di raffinare gli scarti raccolti, ad esempio per separare le plastiche in base alla loro composizione chimica o per il loro colore, in base alle richieste del trasformatore, riciclatore finale.
Tuttavia per le nostre normative c'è anche l'incenerimento, dove certamente va il 50% delle plastiche miste raccolte in modo indifferenziato, con la scusa che non possono essere riciclate.
Comunque oltre l'80% dei nostri scarti domestici, compresi gli scarti di cucina è riciclabile o compostabile, ovvero è richiesto dal mercato per la produzione di nuovi manufatti. L'esperienza di Italia Nostra ( Cittadini IN RETE per il riciclo) ha dimostrato che le famiglie italiane sono in grado di separare mediamente l'86% dei loro scarti in modo finalizzato al riciclo. Potrai trovare i dettagli di questo studio nel file dei Media di questo blog.
Come organizzare la propria casa per una razionale raccolta differenziata finalizzata al riciclo potrà essere l'oggetto dei miei prossimi post.
Utente: federico46 Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. federico46
#3  19 Settembre 2008 - 21:34
 
In effetti spesso è difficile decidere dove buttare alcuni tipi di plastica o altri materiali. Io sto cercando di tagliare la testa al toro evitando di comprarli. Si, nel mio piccolo sto tentando un vero e proprio boicottaggio verso alcuni prodotti. In famiglia siamo in 4 e accontentare tutti non e sempre facile ma con un po' di attenzione, ricerca e fai da te ci si può riuscire. Succhi di frutta, conserve etc. solo in bottiglie di vetro, yougurt fatti in casa, detersivi e saponi alla spina ... sono arrivata a chiedere al macellaio del supermercato di incartarmi la carne anzichè darmela nei vassoi di polistirolo, mi ha guardato come fossi una pazza ma ora ci si è abituato!!
Giulia -Bs
utente anonimo
#4  20 Settembre 2008 - 16:46
 
Anche noi, per esempio, andiamo a comprare frutta e verdure con le nostre borsine e non ne vogliamo di nuove (appena ci vede il negoziante, albanese, pensa e dice la parola "plastica" e alla cassa approfittiamo per parlare del nostro bell'inceneritore e di Montanari. Io sono andata ieri a parlare con l'assessore del mio paese che mi ha dato una lista interessante. Dove va la nostra differenziata? ecco la lista:
CARTA/CARTONE - O.R.C. srl, Cellatica-Bs, 030320081/82, 030322259.
IMBALLAGGI PLASTICA - Montello spa-Bg, 035689111; - Vedetto recuperi srl-Cr, 0372844482; Ghirardi srl-Parma, 0521251393; 2C di Chiari-Montichiari Bs (?).
IMBALLAGGI IN FERRO E METALLO, raccolta e lavorazione - Val Ferro srl-Prevalle Bs, 0306801485.
IMBALLAGGI IN VETRO (e metalli ferrosi), Tecnorecuperi srl - Bs, 029648271.
LEGNO, Ecolegno Bs, 0302310537.
BIODEGRADABILI, Paradello green-Rodengo Saiano Bs, 030611831/030610260; Falappi green - Castegnato Bs, 0302721344.
INGOMBRANTI, Aprica Spa (contenitori raccolta del gruppo A2A, purtroppo), AsM Bergamo.
Gemma
Brescia
utente anonimo
#5  21 Settembre 2008 - 17:25
 
Sulla questione della discarica sul Formicoso in Alta Irpinia (AV), visitate il mio blog http://www.gallicchiopasquale.splinder.com

Grazie. PG
Utente: gallicchio Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. gallicchio

domenica 17 agosto 2008

Tetti Imbiancati

Se pensate ad un vecchio paesino del nostro profondo Sud, quale è il colore che vi viene in mente?Certamente è il bianco dei muri a calce, un antico e semplice accorgimento per igienizzare i muri ( la calce inibisce la crescita di muffe e batteri) ma ancor più per riflettere i raggi solari e quindi limitare il riscaldamento estivo delle abitazioni.

E invece quale colore contraddistingue i tetti delle nostre città moderne, comprese le nostre città del Sud?  E' il nero o il grigio dei tetti e delle nostre strade asfaltate.

Fatta salvo la mia Genova,  i cui vecchi tetti sono di un bel grigio perlato per le ardesie prodotte in loco che venivano usate come copertura dei tetti, sarebbe bene che il grigio dei tetti di asfalto sparisse con una bella mano di vernice bianca.

Se vivete nel centro e nel sud Italia e se il tetto piatto di casa vostra è di colore scuro, convincete il condominio a cambiargli colore.

Certamente, con una piccola spesa,  la temperatura di casa vostra, in particolare quella degli appartamenti sotto tetto sarà subito più confortevole e se avete il condizionatore, diminuiranno sensibilmente i costi dell'energia per farli funzionare.

E pare che in California abbiano scoperto " l'acqua calda", ovvero la opportunità di imbiancare tetti e strade ( cemento al posto dell'asfalto) per ridurre in modo significativo le emissioni di gas serra.

Dal 2005 in California è obbligatorio che tutte le coperture piatte dei centri commerciali siano dipinte di bianco  e dal 2009 i tetti di tutti gli edifici sia residenziali che commerciali, sia piatti che spioventi, dovranno essere realizzati con materiali riflettenti.

E c'è anche chi ha calcolato  che se si imbiancassero tutte le più grandi città del mondo si porrebbe un valido freno al surriscaldamento del pianeta.

In termini scientifici aumenterebbe l'albedo del nostro pianeta, ovvero la luce che il nostro pianeta riflette nello spazio. Insomma, dalla Luna, nelle loro notti di "pleniterra" ci vedrebbero molto più luminosi e forse noi potremmo riuscire a  vedere il lato oscuro della Luna, maggiormente illuminato dalla nostra luce riflessa!  

venerdì 15 agosto 2008

Le MIniere di Re Salomone

Su i giornali di questi giorni la notizia che in Inghiterra stanno pensando che valga la pena recuperare tutta la plastica che sconsideratamente gli Inglesi hanno sepolto nelle loro discariche nei decenni passati. Al prezzo che oggi hanno le plastiche, il cui costo è lievitato insieme a quello del petrolio da cui le plastiche si producono, in tutte le discariche è seppellita una vera fortuna.

L'idea non è del tutto originale e già negli Stati Uniti, le vecchie discariche, nelle quali si trovano giornali stampati negli anni '50 ancora perfettamente leggibili, sono utilizzati come fonte energetica per alimentare alcuni inceneritori.

Questa non mi sembra per niente una bella idea, anche se , purtroppo per loro, è quanto vogliono fare in Val D'Aosta per alimentare il solito termovalorizzatore, che con i pochi scarti prodotti dai valdaostani, non avrebbe alcun senso, dal punto di vista economico, se non ci fosse la garnde vecchia discarica di Aosta da bonificare con il sacro fuoco.

Incenerire le vecchie discariche non mi sembra una bella idea perchè nelle nostre discariche c'è andato a finire di tutto e metterci le mani potrebbe portare butte sorprese.

Mi sembra più intelligente, come si comincia a fare anche in Italia, gestire le attuali discariche per recuperare a fini energetici il metano che si sviluppa naturalmente per fermentazione anaerobica degli scarti biodegradabili, un processo destinato a durare 10-20 anni. Poi, con le dovute attenzioni, valutere l'opportunità di recuperare tutti i metalli ( ferro, alluminio e rame) che sconsideratamente abbiamo buttato via nelle discariche,in quei pochi anni di vacche grasse, ormai belli che andati.

Sulla possibilità di recuperare sacchetti di plastica e altri manufatti di questo materiale ,ho diverse perplessità sulle reali possibilità di un loro riuso: si tratta di plastiche sporche, di tanti tipi diversi  mescolati tutt'insieme, probabilmente già in parte depolimerizzati.

Molto meglio cominciare a pensarci oggi a non sprecare tutta la plastica che non riusciamo a riciclare, ripulendola e separandola con trattamenti meccanico biologici e stoccando in modo differenziato questi scarti ( a prevalente composizione cellulosica, a prevalente composizione polimerica) in attesa che diventino commerciabili le tecniche di recupero di questi materiali ( bioetanolo e gasolio)che in tutto il mondo si stanno studiando e che in parte sono già uscite dalla fase di impianti pilota.

martedì 12 agosto 2008

Si Fossi Alemanno

Il ventilato divieto di rovistare nei cassonetti, da parte del Sindaco di Roma, ha prodotto alcune analisi giornalistiche del fenomeno. Particolarmente interessante quella pubblicata da La Repubblica che ha intervistato alcuni "rovistatori". Come immagginavo, non si tratta solo di anziani che cercano di recuperare qualche cosa da mangiare, ma anche di altri emarginati che, in questo modo, sbarcano il lunario senza nessun danno per la comunità, anzi..

Mi ha colpito la dichiarazione di una Rom che nei cassonetti va a cercare metalli, cavi della luce, elettrodomestici. Il suo lavoro, perchè di lavoro si tratta, è quello di recuperare i metalli di maggior valore, in particolare il rame, venderli e farci onestamente la giornata. Quello che mi ha colpito di più è il fatto che questa donna separa a mano il rame dalla guaina in plastica. E' una scelta saggia, anche se faticosa, come lei stessa dichiara. Infatti il metodo più semplice per procurarsi il rame sarebbe quello di dar fuoco ai fili, come ad esempio fanno in Cina, ma anche in qualche nostra azienda di recupero  improvvisata.

Il problema è che le guaine dei fili elettrici sono fatti in PVC e la loro combustione produce acido cloridrico e diossine, la cui produzione è facilitata proprio dalla presenza di rame.

Volete sapere cosa farei se fossi Alemanno? Penserei che è meglio che i Rom facciano questa attività di recupero, utile alla nostra società, piuttosto che l'accattonaggio, ma farei in modo che questo attività avvenisse con maggiore dignità e con minor rischi per la salute di questi lavoratori.

Ad esempio, presso le isole ecologiche (a Roma ci sono?) organizzerei spazi riservati al deposito di scarti di materiale elettrico con l'invito a cittadini ed aziende a conferire li i propri scarti e con la possibilità di uno sconto personalizzato sulla tariffa rifiuti, per ogni chilo di scarti conferiti. Poi organizzerei, presso le stesse isole, spazi per la lavorazione in sicurezza di questi materiali, affidati a volontari ( pensionati, Rom, extracomunitari) che saranno compensati in base alla quantità di rame ed altri metalli che essi riescono a recuperare.

Suggerimenti, difficoltà burocratiche, critiche, sono bene accette :-)

domenica 10 agosto 2008

Vietato Sputare

Chi ha un pò di primavere sulle spalle può ricordare che,  fino agli anni 50',  nelle sale d'aspetto dei locali pubblici e sui tram,cartelli ben in vista vietavano di sputare per terra. Negli anni successivi questa abitudine, evidentemente comune a molti italiani, è sparita e con essa i cartelli di divieto.

Tutto farebbe credere che l'igiene delle città, almeno da questo punto di vista, sia migliorato, ma non è così.

La prossima volta che uscite, guardate con attenzione i marciapiedi. Certamente vedrete, qua e là,macchie nere tondeggianti ( tre-quattro centimetri di diametro). Se siete bravi osservatori, noterete che la loro densità (numero di macchie per metro quadrato) segue alcune regole: aumenta con l'approssimarsi di luoghi di incontro ( bar, cinema, fast food...).

Ognuna di queste macchie è quello che resta di una gomma da masticare che il masticatore, dopo qualche ora di esercizio dei suoi muscoli mandibolari, ha "signorilmente" sputato per terra. La gomma si attacca al  selciato,  assorbe le polvere inquinanti (di qui il suo colore scuro) e resta a far bella mostra di se per periodi lunghissimi, forse decenni, in quanto le gomme da masticare sono fatte di materiali non biodegradabili.

E poichè è inevitabile che ogni chewing gum buttata per terrra sia ancora umettata della saliva di chi l'ha usata,  capite bene che il miglioramento dell'igiene pubblca , da questo punto di vista, è solo apparentemente migliorata: ancora oggi si continua a sputare per terra e non poco.

Recentemente, nella sola Oxford street , a Londra, si sono contate le tracce di 300.000 gomme da masticare! Ognuna di quelle macchie è la testimoniaza di inciviltà, ma anche  di uno smaltimento abusivo e poco igienico.

E in Italia ,delle 25.000 tonnellate di gomme che ogni anno sono consumate, quante finiscono sui nostri marciapiedi? Temo, la maggior  parte.

Togliere le gomme dal marciapiedi è una fatica improba e molto costosa. Fino a ieri qualche cosa si poteva fare con getti di vapore e molto olio di gomito; ma forse tra un anno il problema dell'imbrattamento da gomme da masticare dei nostri marciapiedi sarà risolto più facilmente.

Per arrivarci, si sono dovute spremere le meningi di  diversi ricercatori inglesi che forse hanno risolto il difficile problema: uso di enzimi che decompono le gomme e di solventi ionici ecocompatibili che sciolgono i frammenti che si formano e permettono di lavare via il tutto con dei bei getti d'acqua.

Vedremo. Nel frattempo, una sana politica di "Rifiuti Zero" non sarebbe male!

Vietare la vendita di chewing gum, come si fa a Singapore, è forse eccessivo, ma chiedere a tutti i masticatori ad oltranza, dopo l'uso, di mettere la loro gomma nella confezione originaria e di riporre il tutto  nel più vicino cestino dei rifiuti è  proprio il minimo.


venerdì 8 agosto 2008

Alemanno e il Decoro Urbano

Il divieto del sindaco di Roma di rovistare nei cassonetti ,racconta diverse storie, diverse dalla versione ufficiale della tutela del decoro urbano.

Una storia è quello del vergognoso spreco di una società opulenta che sullo spreco basa il proprio modello di "sviluppo".

L'altra storia è quella della "emergenza rifiuti"che, vedrete, sarà utilizzata anche a Roma , dopo Napoli, per imporre la soluzione che perpetua lo stesso modello dello spreco: i termovalorizzatori.

Altre soluzioni al decoro urbano, all'indigenza, alle emergenze rifiuti ci sono e anche le amministrazioni pubbliche potrebbero incentivarle.

Una soluzione è rappresentata dall'attività dei Banchi Alimentari . I Banchi Alimentare provvedono ad intercettare gli alimenti della grande distribuzione prima della loro scadenza e della loro "termodistruzione" e a fornire pasti gratuiti a chi ne ha bisogno. Il Banco Alimentare che opera nel Lazio nel 2004 ha recuperato cibo per 2.058 tonnellate ( valore commerciale: 5 milioni di euro) e ha sfamato 63389 persone.

Una risposta da parte di tutti noi può venire dalla riscoperta della "cucina degli avanzi"; i trucchi per non buttare via nulla, una esigenza che ha inventato piatti squisiti, dai minestroni, alle polpette, alle frittate.

Per gli analfabeti di ritorno ( nellarte culinaria) consigliamo uno dei tanti siti sull'argomento:   http://www.theitaliantaste.com/italian-cooking/avanzi/avanzi_index_ita.shtml

Postato da: federico46 a 07:41 | link | commenti (3)
ambiente e società


Commenti:
#1  08 Agosto 2008 - 14:17
 
Ti consiglio questo link in tema con l'argomento trattato:

http://mizcesena.blogspot.com/2008/08/la-spigolatura-dei-rifiuti.html

Paolo
MIZ - Cesena
utente anonimo
#2  08 Agosto 2008 - 14:59
 
sempre prezioso...
Utente: robertomazzuia Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. robertomazzuia
#3  08 Agosto 2008 - 17:10
 
Ottima la segnalazione di Paolo.
Raccomando a tutti la lettura de La spigolatura dei rifiuti
Utente: federico46 Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. federico46

Piedi a Terra

Nel 1862, "liberate" le Grandi Pianure da bisonti e popolazioni native, il governo degli Stati Uniti dava in concessione ai coloni queste terre, da sempre immense praterie coperte d'erba.

La grande richiesta di grano, la scoperta di un vomere di acciaio in grado di dissodare queste terre, l'uso delle prime macchine a vapore per l'agricoltura, trasformarono rapidamente le praterie in terre arate, coltivate intensamente a grano.

Era l'inizio di uno dei più gravi disastri ecologici che l'umanità moderna abbia sperimentato.

Il basso contenuto di sostanza organica delle praterie, la profonda e continua aratura, la sparizione del manto erboso protettivo, l'aridità del clima, trasformarono presto la terra, in polvere impalpabile e nel 1930, solo dopo sessant'anni dell'avvio della "rivoluzione" agricola, un lungo periodo di siccità e i forti venti che caratterizzano queste pianure furono all'origine del disastro, denominato Dust Blow. Per giorni e giorni la polvere oscurò il Sole, penetrò dappertutto, coprì tetti e strade e,  alla fine 400.000 agricoltori furono costretti ad abbandonare le loro terre, ormai sterili, per aggiungersi alla schiera di disperati della Grande Depressione che, non a caso, in quegli stessi anni colpiva gli Stati Uniti.

In parte la lezione è stata imparata. Oggi, negli Stati Uniti sono sempre più numerosi gli ettari di terreno coltivati senza aratura ( No tillage), una tecnica agricola che mantiene una copertura vegetale al suolo, che richiede minori lavorazioni, ma che ha la contropartita di un uso intensivo di erbicidi.

E dagli Stati Uniti, che coltivano senza aratura 5,6 milioni di ettari, la tecnica si è diffusa in altri luoghi ( America Latina ) e oggi sono 95 milioni di ettari che nel Mondo non vedono passare su di loro i grandi aratri.

Postato da: federico46 a 08:50 | link | commenti
ambiente e società

mercoledì, 10 settembre 2008
Piedi a Terra. 3^ parte: Amazzonia
Nel 1542, Francisco de Orellara esplora il bacino del Rio delle Amazzoni e così descrive i luoghi che vede:

" Si potevano vedere grandi bianche città scintillanti.. molte strade che andavano all'interno..e a fianco di queste c'è una terra fertile come nella nostra Spagna..".

Nei secoli successivi queste descrizioni furono dimenticate e tutti, fino a pochi anni or sono, ritenevano il bacino del Rio delle Amazzoni una giungla inospitale.

 Con l'attuale tecnica di tagliare e incendiare la foresta pluviale, si riescono ad ottenere solo scarsi raccolti e presto il sole e la pioggia, rendono sterile il terreno liberato.

Ma Francisco de Orellara non aveva avuto le visioni; scavi archeologici  hanno trovato nella foresta amazzonica i resti di grandi e complesse città. Ma che cosa mangiavano i loro abitanti, se la terra delle amazzoni è cosi avara?

 La risposta è venuta alla fine del 1800 quando, lungo il Rio delle Amazzoni e i suoi affluenti, sono stati trovati tanti piccoli appezzamenti di terreno (2 ettari l'uno) che avevano singolari caratteristiche: il terreno fino a due metri di profondità era nero, con numerosi frammenti di terracotta e di una fertilità prodigiosa.  Era la Terra Preta de Indio , la Nera Terra degli Indios, certamente un artefatto umano, realizzato da popolazioni native, tra 500 e 2500 anni prima di Cristo.

Il colore di questa terra era dovuto all'abbondante ed intenzionale presenza di carbone di legna e proprio il carbone è il segreto della fertilità, rimasta alta ed inalterata  per secoli e oggi utilizzata dalle popolazioni locali per produzioni agricole inimmaginabili nei  "pallidi" terreni circostanti

 E il segreto della fertilità è proprio il carbone che nei suoi pori ospita una grande popolazione di microorganismi che degradano le sostanze organiche e che rilascia lentamente le sostanze nutrienti così prodotte.

Insomma tutto fa pensare che le Terra Preta siano della antiche discariche controllate :-), una forma di compostaggio sul campo, grazie alle quali grandi popolazioni pre colombiane si sono sfamate e che ancora oggi, con solo alcuni mesi di riposo, riescono a recuperare l'originaria fertilità in modo da offrire ortaggi sani ed in abbondanza agli indios che hanno ripreso a coltivare, dopo secoli, i campi fertili realizzati dai loro antichi e sconosciuti antenati.

E questo è un insegnamento anche per noi occidentali e un suggerimento per contrastare la crescita di anidride carbonica dell'atmosfera. La quantità di carbonio sequestrata dalle Terre Nere è elevatissimo, una vera e propria spugna assorbi carbonio che dona cibo e limita drasticamente le emissioni di gas serra.

Postato da: federico46 a 13:49 | link | commenti (2)
ambiente e società

martedì, 09 settembre 2008
Piedi a Terra. 2^ parte:Sahel
Nell'agricoltura convenzionale, aratri sempre più grandi arano in profondità la terra e sotterrano gli scarti delle coltivazioni; la superfice di terra, senza copertura e senza la protezione delle radici delle piante è soggetta ad erosione se esposta al vento e alla pioggia, con progressiva perdita della fertilità, aggravata dalla sempre minor aggiunta di letame.Coltivare la terra in modo sostenibile, restituire terreno fertile ai deserti è possibile e con ricette diverse e in alcuni casi, incredibilmente semplici.In Africa, nel Sahel (Burkina Faso) , dal 1981 il deserto arretra grazie a "cordons pierreux" , lunghe linee di pietre, grosse come un pugno, una a fianco dell'altra, pazientemente trasportate sul posto e posate a mano in lunghe linee parallele, lungo le  curve di livello. Frenata dalle pietre, la pioggia che scorre veloce sulla dura terra del Sahel, ad ogni temporale deposita a monte delle pietre un pò di fanghiglia, mescolata ai semi trascinati dalla stessa pioggia. Presto ogni cordone di pietra diventa un cordone di erbe che trattiene ancora meglio e di più la terra trascinata dalla pioggia. Passato qualche anno, l'erba è sostituita da cespugli e alberi che con le loro foglie morte arricchiscono  di humus il terreno sotto le loro fronde. E dopo trenta anni, un semplice cordone di pietre riesce a  trasformare  una landa deserta in un campo coltivabile.

giovedì 7 agosto 2008

Piedi a Terra

Per una curiosa coincidenza, sia Le Scienze che National Geographic, nelle edizioni uscite a settembre, trattano lo stesso argomento: la conservazione del suolo.

Il terreno agricolo che sfama l'intera umanità non è una risorsa eterna. I processi naturali della sua formazione, a partire dalla disgregazione delle rocce, sono lentissimi, da 3 a 8 millimetri all'anno.

Questo vuol dire che un suolo fertile con uno spessore da 30 a 90 centimetri ha richiesto da qualche secolo a un millenio per formarsi.

Questo stesso terreno, usato con metodi convenzionali per la produzione agricola, va incontro a fenomeni di erosione più o meno veloci che fanno sparire lo strato fertile in un periodo che può andare da qualche centinaia di anni ad un paio di millenni: guarda caso la durata delle più o meno grandi civiltà che ci hanno preceduto nello sfruttamento delle risorse del pianeta.

Senza terreno non si mangia!

E il problema riguarda anche noi, anche se sembra che la cosa che oggi ci preoccupi di più sia quale fonte di energia usare per fare andare le auto quando il petrolio sarà finito.

mercoledì 6 agosto 2008

Che ne Pensa la Coldiretti

Il 5 marzo del 2008 la Coldiretti ha organizzato a Roma il Forum "Rifiuti: città più pulite, campagne più fertili". Nel corso dell'incontro, in cui il compostaggio domestico (persino quello su terrazzo :-)) e quello industriale l'hanno fatta da padroni,  è stato presentato il risultato di un sondaggio  effettuato sul sito www.coldiretti.it.

La domanda era:" Quale soluzione ti sembra migliore per risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti?"

Ed ecco le risposte più gettonate:

- Investire sulla raccolta differenziata , sanzionando chi non la pratica : 38,2%

-Ridurre drasticamente l'impiego di materiali inquinanti come buste di plastica ed imballaggi , sostituendoli con materiali biodegradabili: 31,8%

- Realizzazione di impianti di termovalorizzatori adeguati alla produzione dei rifiuti : 17,6%

- Consumare meno e meglio: 9,2 %

Sappiamo che il valore statistico di questi sondaggi vale quel che vale,  tuttavia mi fa piacere pensare che la maggior parte dei moderni contadini sia dalla nostra!

sabato 2 agosto 2008

Economia Domestica 21)

L'idea di raccogliere lattine di alluminio e conservarle in attesa che il prezzo cresca e che si possano vendere, guadagnando qualche euro, è piaciuta.

Ovviamente, il mio consiglio è di lavare bene ogni lattina e di schiacciarla altrettanto bene.

La mia piccola raccolta di lattine deriva dall'abitudine di bere qualcosa durante l'intervallo di pranzo nel mio istituto utilizzando il distributore di bibite a disposizione del pubblico. Dagli stessi distributori mi prendevo uno o più  caffe, dopo pranzo.

Da tempo ho cambiato abitudine.

La mattina mi faccio un bel the verde, carico il thermos e consumo la bevanda  in ufficio. In questo modo non produco più rifiuti (lattine, bicchierini e cucchiaini in plastica, posa del caffè) .

Ovviamente le foglie di the usate  finiscono nella mia compostiera sul poggiolo! :-)

Postato da: federico46 a 07:37 | link | commenti (2)
economia domestica, rifiuti zero


Commenti:
#1  01 Agosto 2008 - 06:53
 
Ciao Federico,
ancora una volta ti ringrazio per le idee e per le notizie che ci dai.
Le tue idee per ridurre i rifiuti e di riuso dei materiali piacciono a parecchi. Secondo me si dovrebbe iniziare a fare qualcosa nelle scuole elementare iniziando dai piccoli, insegnando loro come fare.
Poi anche facendo un pò di pubblicità in televisione:purtroppo vediamo solo pubblicità di acqua minerale (in bottiglia di plastica), Di latte ( in bottiglie di plastica o tetra pack). Non vedo mai pubblicità di acqua di rubinetto (ansi l'ho vista negli autobus del comune di Genova), latte alla spina, ecc.
Si devono cambiare le abitudini se vogliamo un pò risolvere il problema .
CIAO A TUTTI.
utente anonimo
#2  02 Agosto 2008 - 12:04
 
Assolutamente d'accordo, tutto parte dalle nostre piccole abitudini che però possono condizionare anche gli altri. Nell'ufficio dove lavoro la ditta fornitrice di caffè voleva sostituire la macchina per le bevance calde in uso (alimentata con compresse di carta che possono essere compostate) con una nuovissima macchina con "cialde monodose in plastica". Mi sono opposta e con una seria campagna di sensibilizzazione fra i colleghi ho ottenuto di esigere che ci lasciassero la vecchia macchina anche se il gestore "non ha proprio capito che problemi mi dia un po' di plastica???!!!"...si ok mi son presa anche "dell'ambientalista fissata" ma alla fine per tutti conta avere il caffè a portata di mano e quello l'abbiamo sempre.
utente anonimo

Il Biogas ci da una Mano


BiometanoLa vitale esigenza di mangiare, ogni anno ci fa produrre, a testa, circa 50 chili di scarti per la preparazione dei pasti consumati a casa. Anche tutto quello che mangiamo ai fast food, in pizzeria e alla mensa aziendale produce degli scarti, e altri scarti di cibo sono prodotti dalla grande distribuzione, sia nella fase di confezionamento che di mancata vendita: complessivamente sono altri 20 chili di “umido putrescibile” all’anno “pro capite”.

L’attività metabolica di ogni vivente trasforma inevitabilmente il cibo in scorie che i nostri impianti di depurazione rendono compatibili con la balneabilità dei nostri mari ma con l’effetto collaterale della produzione di fanghi: circa 35 chili all’anno per ogni cittadino allacciato alla rete fognaria.

Pertanto ognuno di noi, solo per rispondere al bisogno primario di cibarsi quotidianamente, ogni anno produce complessivamente circa 105 chili di rifiuti. Moltiplicate questa cifra per 620.000, più o meno gli abitanti di Genova, e vi trovate il problema di AMIU di raccogliere e smaltire ogni anno circa 66.000 tonnellate di rifiuti umidi e facilmente puzzolenti.

Fino ad oggi questi materiali sono finiti a Scarpino, la grande discarica a servizio della città.

Siamo tutti d’accordo che non si può continuare così, ma non è neanche vero, come qualcuno ci vuol far credere, che l’unica soluzione praticabile sia quella di bruciare questi e tutti gli altri scarti prodotti dalla città in un bel inceneritore con recupero energetico e magari usare il calore residuo per riscaldarci la città.

Nel caso specifico, vista la grande quantità d’acqua presente in questi scarti (oltre il 40%) proporre la termovalorizzazione come soluzione è una insostenibile schiocchezza.

Esiste un’altra soluzione per questi scarti (circa il 25% dell’intera produzione urbana di materiali post consumo), più razionale, più economica, di minore impatto ambientale e con una diversa, ma ancora più versatile possibilità di recupero energetico, in forte sviluppo in tutto il mondo e in particolare in Austria, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Israele: la fermentazione anaerobica con produzione di bio-metano.

Tutti gli scarti di cibo e i fanghi di depurazione, con una opportuna aggiunta di acqua, sono inviati in cisterne a chiusura ermetica in cui per una quarantina di giorni lavorano per noi micro-organismi molto antichi che, in assenza di ossigeno (questo è il significato di anaerobico), trasformano gli scarti biodegradabili in una miscela di anidride carbonica e metano.

E’ possibile separare l’anidride carbonica dal metano e depurare quest’ultimo (il bio-metano) ad un grado compatibile con l’esistente rete di distribuzione del gas. L’immisione nella rete di bio-metano, mette subito a disposizione per l’intera città  uno dei combustibili più puliti e, cosa molto interessante, senza nuove e costose infrastrutture per il teleriscaldamento.

E Genova, con tutti gli scarti di cibo prodotti dai suoi abitanti  potrebbe avere a sua disposizione una auto-produzione di circa 7 milioni di metri cubi di bio-metano all’anno, il consumo, per usi domestici, di 45.000 famiglie genovesi.

E la quantità di bio-metano può essere ancora maggiore se alla fermentazione anaerobica verranno avviati, come è possibile, anche scarti di macellerie e pescherie, tovaglioli e fazzoletti di carta e i nuovi imballaggi biodegradabili che alcune centri commerciali hanno già introdotto, al posto della plastica, per confezionare verdura, uova, formaggi…

La produzione di bio-metano, oltre che rendere energeticamente autosufficente l’impianto di digestione anaerobica, permetterà a un bel po’ di genovesi di cucinare gli spaghetti, fare la doccia, riscaldare la casa, alimentare l’automobile, produrre elettricità, esattamente come fa il metano siberiano e libico, ma con l’importante differenza che il bio-metano, oltre ad essere autoprodotto in casa, è di sicura fonte rinnovabile e quindi può ricevere i previsti incentivi pubblici.

Per il buon esito di questa scelta, che il comune di Genova ha già previsto nel suo nuovo piano di gestione dei materiali post consumo, c’è tuttavia un importante presupposto: l’elevata qualità dei materiali destinati ai trattamenti biologici.

Questo obiettivo è certamente raggiungibile con una raccolta differenziata di qualità finalizzata al riciclo.

L’alta qualità dei materiali raccolti  e l’elevata differenziazione (superiore al 60%), sono le principali caratteristiche della raccolta differenziata denominata Porta a Porta.

Questo è il sistema di raccolta, avviato da alcuni mesi a Genova nei quartieri di Sestri e Pontedecimo che certamente, dopo i previsti aggiustamenti studiati in questa fase pilota, si estenderà progressivamente al resto della città.

Raccolta Porta a Porta e produzione di  bio-metano da immettere nella rete sono i principali pilastri di un modello innovativo di gestione dei materiali post consumo.

Altri tasselli fondamentali di questo modello,  che giustamente potrà essere battezzato come Modello Genova, sono una energica politica di riduzione alla fonte realizzata  con il compostaggio domestico di città e la promozione dell’uso dell’acqua potabile, meno cara e più controllata dell’acqua in bottiglia.

Decisiva per il succeso del Modello Genova,  sarà l’introduzione della Tariffa “Paghi Per Quanto Getti“  ovvero far pagare ogni famiglia in proporzione alla quantità di rifiuto indifferenziato effettivamente prodotto, misura effettuabile, ad esempio,  in base ai vuotamenti del cassonetto indifferenziato assegnato ad ogni condominio.

Postato da: federico46 a 13:29 | link | commenti (3)
modello genova


Commenti:
#1  04 Agosto 2008 - 18:23
 
straordinaria prestigiacomo, della serie dilettanti sulla poltrona di prestigio:
aboliamo l'ONR
così sarà più facile campanizzare l'italia.
Negli anni 70 non si era capito:
la Fantasia è al potere davvero
utente anonimo
#2  24 Gennaio 2010 - 15:06
 
...secondo lei è possibile produrre biometano su suolo privato con compostiere adeguate e "venderlo" alla rete con un contatore bidirezionale? In poche perole è possibile fare ciò che stanno facendo col contoenergia per l'energia elettrica anche col metano? In questo modo si potrebbe anche evitare il trasporto dei rifiuti biodegradabili.
E' gradita risposta, anche privata su vianovi52@tele2.it
utente anonimo
#3  25 Gennaio 2010 - 08:29
 
Caro Vianovi (?)
come potrai leggere cercando nel mio blog, impianti domestici e condominiali per la produzione di biogas esistono già nei cosidetti paesi emergenti e, in questi casi, il gas prodotto ( biogas)  è integralmente usato dai produttori per i loro usi domestici.
In Italia esistono diverse esperienze di aziende agricole e zootecniche che hanno investito in questa tecnologia, tuttavia siamo ancora alla produzione di biogas e non del biometano. Il biogas è usato per produrre calore e elettricità per alimentare l'impianto e l'eventuale corrente elettrica in eccesso è ceduta alla rete e compensata economicamente con il meccanismo dei certificati verdi.
La raffinazione del biogas a biometano richiede ulteriori investimenti che al momento sono fuori della portata del singolo cittadino ma potrebbe interessare le municipalizzate di gandi città come Genova.
Non mi risulta che al momento, in Italia,  ci siano esperienze di produzione di biometano immesso in rete.
Per quanto posso valutare, l'immissione in rete del biometano può essere costante nell'arco del giorno e dell'anno ( in questi casi la produzione di biomassa fermentabile è sufficentemente costante) quindi non sono necessari meccanismi di vendita e acquisto tipo quelli del fotovoltaico.
Tieni presente che mentre lo stoccaggio della corrente elettrica è problematico ( al momento si può fare solo con batterie) quella del biogas è più semplice e , per piccoli impianti,  alla portata del fai da te.
A buon senso, per la promozione del biometano, oltre a incentivi per coprire i maggiori costi, occorre definire il grado di purezza compatibile con la rete, il prezzo a cui il biometano sarà pagato e definire le regole di gestione dei compressori  e dei contatori che penso siano necessari per allacciarsi alla rete.
Interventi di chiarimento su questi problemi ingegneristici e di gestione ( non di mia competenza) sono graditi.
Federico Valerio
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