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domenica 27 aprile 2008

Slow Flight

Finito il petrolio continueremo a volare?

La risposta è certamente positiva. Già oggi ci sono aereoplani che volano utilizzando bio-carburanti.

Ma c'è un'altra rivoluzione possibile, il ritorno del più leggero dell'aria, nuovi dirigibili in grado di sfruttare il meglio delle attuali e future tecnologie, quali fibre di carbonio come leggere strutture portanti e celle fotovoltaiche distribuite sul grande involucro esterno per fornire tutta l'energia di cui le nuove aeromobili hanno bisogno.

Sarà il trionfo dello Slow Flight, del volo lento con una velocità di crociera sui cento trenta chilometri all'ora.

E i nostri cieli saranno solcati da lente aeronavi bellissime.

Un assaggio della bellezza che ci aspetta a questo sito www.dezeen.com/2008/01/10/manned-cloud-by-jean-marie-massaud/

dove potrete vedere una "megattera" galleggiare sulla foresta amazzonica.

Per il momento il progetto battezzato Manned Cloud ( Nuvola a conduzione umana) sarà un albergo volante che permetterà a pochi eletti di fare il giro del mondo in tre giorni, senza bisogno di aeroporti, per esplorare dall'alto i pochi luoghi remoti ancora rimasti.

Ma domani, potrebbe essere il modo di sportarsi di massa in un mondo liberato dal petrolio e dalla fretta.

Chi sà se potremo vederlo.



 

Postato da: federico46 a 17:19 | link | commenti (6)
energia, ambiente e salute


Commenti:
#1  28 Aprile 2008 - 15:26
 
devo studiare un po l'argomento "dissociatori molecolari", come quello in uso in Islanda....sa aiutarmi o indirizzarmi su qualche sito che tratta l'argomento??
grazie.
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#2  28 Aprile 2008 - 16:01
 
Va però considerato che l'economia dell'elio, di cui sono riempiti i dirigibili, è strettamente legata a quella del petrolio e del gas naturale. Se finisce l'uno, finisce anche l'altro. Se aumentano i costi di estrazione dell'uno, aumentano i costi di estrazione anche dell'altro.

Fabio
utente anonimo
#3  29 Aprile 2008 - 12:41
 
Il commento di Fabio è corretto.
L'elio, oggi, si ricava dal metano, dove è presente a concentrazioni importanti
http://en.wikipedia.org/wiki/Helium#Occurrence_and_production
Occorre comunque dire che i dirigibili non consumano elio per il loro funzionamento, se non per le perdite per diffusione che sono tenute al minimo.
Comunque, con tutte le accortezze del caso, finito l'elio insieme al metano, si potrà ritornare all'uso dell'idrogeno, gas facilmente producibile, con la dissociazione elettrolitica dell'acqua realizzata con la corrente continua prodotta da celle fotovoltaiche.
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#4  29 Aprile 2008 - 12:45
 
Le parole chiave per la tua ricerca sono pirolisi e gasificazione.
Questi sono i nomi scientifici del processo di degradazione termica che ha affascinato i Verdi, ma che non è la soluzione magica al problema rifiuti.
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#5  29 Aprile 2008 - 17:01
 
Federico, non vorrai mica causare un nuovo disastro Hindenburg? :-P

Fabio
utente anonimo
#6  30 Aprile 2008 - 14:07
 
Sbaglierò, ma ho l'impressione che un dirigibile a idrogeno, possa essere molto più sicuro degli attuali mezzi di trasporto aereo
:-)
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venerdì 25 aprile 2008

Bottiglie in alluminio

' sempre più frequente vedere ragazzi e ragazze andare in giro con una bottiglietta d'acqua che bevono in continuazione.

E' una moda salutista che certamente non fa male, anche se aumenta il consumo di bottiglie di plastica e costa una esagerazione.

C'è una alternativa più ecologica e più economica. Quella di usare bottiglie di alluminio e acqua di rubinetto.

Queste bottiglie sono altrettanto leggere e infrangibili e l'ovvio vantaggio è che le bottigliette di alluminio sono riutilizzabili un numero infinito di volte e si possono riempire con la buona acqua di rubinetto che quasi ovunque scorre a prezzi bassissimi in casa, a scuola, negli uffici.

In circolazione ci sono bottiglie di alluminio griffate che assecondano questa moda. Per non cadere in quest'altra forma di consumismo, andate in un buon negozio di articoli sportivi dove certamente troverete il modello a misura della vostra sete e delle vostre tasche.

E rispolverando antiche esperienze di scout, vi ricordo che il modello ricoperto con tela o feltro permette di tenere freschi i liquidi trasportati, semplicemente bagnando l'involucro ed esponendo la bottiglia all'aria ( in ombra e in zone ventilate). L'acqua evaporando sottrae calore alla bottiglia e l'acqua si mantiene a temperatura inferiore a quella ambiente. Questo metodo funziona al meglio nelle regioni a clima secco, dove l'evaporazione è più veloce.

Postato da: federico46 a 19:45 | link | commenti (6)
ambiente e società, rifiuti zero


Commenti:
#1  27 Luglio 2009 - 10:38
 
Gentile professore,
premesso che le bottiglie di plastica sono un inutile spreco di risorse e premesso che rilasciano nell'acqua sostanze dannose per la salute (ftalati? mi corregga se sbaglio), mi sembra di ricordare che l'alluminio sia un metallo dannoso per la salute e sia sconsigliato l'utilizzo di pentole, stoviglie e lattine realizzate con questo materiale. Per quanto ne so, l'assunzione di alluminio non è necessaria all'organismo, al contrario è dannosa in quanto interferisce con processi biochimici sostituendosi ad altre sostanze presenti nel nostro organismo. Le sarei grato se potesse darmi un chiarimento, confermando o smentendo i miei timori.
La ringrazio e la saluto
Paolo Di Carlo
utente anonimo
#2  29 Luglio 2009 - 09:59
 
La tossicità dell'alluminio è stata documentata a seguito di somministrazione massicia di farmaci in cui era presente un sale di alluminio e in soggetti con all'origine gravi danni renali. Penso che sia opportuno non sottovalutare i possibili effetti neuro-tossici del'alluminio anche a basse dosi, ma occorrono studi seri e documentati.
Non dimentichiamo che l'alluminio è uno dei metalli più comuni nella crosta terrestre e non c'è sorgente d'acqua dove possiamo trovarne quantità più o meno elevate. Inoltre, dal punto di vista tossicologico è un errore metodologico mettere nello stesso calderone il metallo e i suoi vari sali, ossidi, idrati.
Tornando al quesito specifico (bere acqua in contenitori di alluminio è pericoloso?) un pò di chimica ci può aiutare. L'alluminio è uno dei metalli più resistente alla corrosione. Il motivo è che esposto all'aria si forma un sottile strato di ossido di alluminio insolubile che impedisce all'aria e all'ossigeno di reagire con gli strati di metallo sotto all'ossido.
Questo significa che la quantità di alluminio che dall'involucro passa all'acqua è necessariamente minima, se non nulla.
Diversa la situazione delle pentole in alluminio, sia per le abrasioni derivanti dall'uso e la pulizia, sia per l'azione corrosiva di cibi acidi, come pure per le alte temperature di esercizio.E in questo caso attiverei il principio di precauzione, passando a pentole in acciaio.
Ne approfitto per invitarvi ad usare con prudenza le informazioni della Rete. Il mio criterio è quello di valutare l'affidabilità delle fonti ( preferisco le istituzioni pubbliche, meglio quelle sovranazionali quali OMS, IARC) e la qualità dell'informazione.
Ad esempio, mettere sotto accusa il caffè preparato in caffettiere di alluminio, senza citare un dato sulla quantità di alluminio presente nel caffe macinato e nel caffe fatto con caffettiere di materiali diversi( alluminio, acciaio, ferro..) non mi è sembrato una cosa seria e pertanto nonostante quello che il WEB afferma continuo , senza problemi, a farmi la mia tazzulella di caffè , ogni mattino, con la mia vecchia moka in alluminio (forse riciclato) con la sua bella spessa patina di caffè all'interno: un modo per garantire il sapore e forse per isolare ulteriormente l'alluminio della caffettiera, dal caffè che mi aiuta a preparare :-)
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#3  31 Luglio 2009 - 11:05
 
Le ringrazio per la sua risposta. Sorgono spontanei altri quesiti: come posso capire se un eventuale metallo presente nell'acqua dell'acquedotto dà luogo ad un composto nocivo o meno? Nei dati delle analisi vengono riportati le concentrazioni degli elementi metallici che se non ricordo male sono presenti in forma ionica. Inoltre, possiamo fidarci dei limiti di legge per l'acqua potabile? Ad esempio, un valore di nitrato di 30mg/l, considerando il limite di 50, è un segnale negativo o trascurabile? Infine, gli adiuvanti metallici nei vaccini sono altamente dannosi o no?
Paolo Di Carlo
utente anonimo
#4  31 Luglio 2009 - 12:43
 
Caro Di Carlo
provo a rispondere a qualche domanda, ma vi prego non pensate che sia un'enciclopedia ambulante.
I metalli che si trovano disciolti in acqua,sono per definizione, nella loro forma ionica, ovvero con una carica elettrica. Nella forma metallica o sotto forma di sali o ossidi insolubili si possono trovare in sospensione. In questo caso , l'acqua è più o meno torbida e giustamente questo parametro rientra tra quelli della potabilità.
I limiti di legge sono un utile riferimento da leggere con intelligenza. Non sono mai valori assoluti ma si modificano con la conoscena del problema. Anche per questo la ricerca è fondamentale. Nel caso particolare, meno nitrati troviamo nell'acqua meglio è, in quanto la presenza di questo ione è indicazione di una possibile contaminazione da fertilizzanti.
Comunque, bere acqua distillata (senza nessun ione) è altrettanto ,se non più, dannoso per la salute.
Al solito, le cose giuste stanno nel mezzo :-).
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#5  22 Agosto 2010 - 07:55
 

Gentile Professore
a proposito di "Diversa la situazione delle pentole in alluminio, sia per le abrasioni derivanti dall'uso e la pulizia, sia per l'azione corrosiva di cibi acidi" volevo sapere se l'interno del tetrapack dei contenitori di succo di mela o altro cibo "acido" è dannoso alla salute.
Sento spesso parlare di intossicazioni da metalli pesanti e io stessa ho un elevatissimo livello di mercurio nel sange.
Grazie!
Antonella
utente anonimo
#6  23 Agosto 2010 - 19:07
 

Gli imballaggi tipo tetrapak si chiamano anche poliaccoppiati in quanto formati da strati di diversi materiali, ognuno dei quali esplica una precisa funzione.
Dall'interno all'esterno si trova : polietilene ( la plastica dei sacchetti), alluminio, carta e polietilene.
Pertanto le bevande confezionate con poliaccoppiati sono a contatto con la pellicola di polietilene che è impermeabile all'acqua.
Pertanto il rilascio di alluminio ( usato per evitare la luce e il passaggio di ossigeno) deve essere trascurabile se non addirittura nullo.
Per mia curiosità, quali ipotesi hai fatto per la tua contaminazione da mercurio. Mi puoi far sapere il valore della concentrazione nel tuo sangue?
Federico Valerio
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venerdì 18 aprile 2008

Come Trasformare Rifiuti Urbani in rifiuti Tossici

Chemosphere è una rivista che ospita articoli scientifici sulla contaminazione ambientale.



Su un suo numero  pubblicato nel 2007 (volume 67, pagine s118-s124) l' ing Mario Grosso e altri colleghi del Politecnico di Milano ci informano che gli inceneritori da loro studiati, rappresentativi dei più moderni ed efficenti impianti operanti in Europa (lo stato dell'arte, come usiamo dire noi scienziati), rilasciano nell'ambiente circa 45 microgrammi di diossine, per ogni tonnellata di rifiuto urbano incenerito.Questo dato non corrisponde a quanto recentemente affermato da  il prof. Veronesi: "l'inquinamento degli inceneritori è pari a zero".Si vede che il professore, questo e altri articoli sullo stesso argomento, non abbia avuto il tempo di leggerli.

Ma ora valutiamo bene cosa significa il dato segnalato dai ricercatori del Politecnico..

La maggior parte delle diossine misurate dall'ing Grosso (35 microgrammi ) si trovano nelle cosidette polveri volanti, quelle che gli efficenti impianti di trattamento fumi dell'inceneritore riescono  ad abbattere.

Questo significa che i fumi in uscita sono più puliti, ma non a inquinamento zero.Infatti, per ogni tonnellata di rifiuti urbani incenerita, dal camino escono circa 5 microgrammi di diossine. Pertanto quando il sindaco di Milano qualche anno or sono si è fatto fotografare con la testa dentro il camino del nuovo inceneritore di Milano ha fatto un gesto spettacolare, ma decisamente incauto, spero per lui che abbia trattenuto il respiro e che si sia fattauna bella doccia, appena rientrato in casa.

Un altro po di diossine (5 microgrammi per ogni tonnellata di rifiuti inceneriti) si trovano nelle ceneri pesanti e nei fanghi prodotti dalla depurazione dei fumi.



Insomma, come intuivamo in base ai lontani ricordi scolastici sulla legge di conservazione di massa, anche gli inceneritori producono rifiuti: una parte di questi rifiuti (i fumi) sono smaltiti in atmosfera ( e prima o dopo ce li ritroviamo nel piatto) e una parte ( le ceneri volanti e pesanti ) devono essere smaltite in qualche modo, possibilmente in sicurezza.

Ma il problema vero è quello di sapere quante diossine c'erano in ogni tonnellata dei rifiuti urbani che quegli inceneritori sotto studio hanno incenerito.

L' ing Grosso  non ha pensato a fare questa analisi, anche se è bravo a dosare diossine nei fanghi e nelle ceneri.



A soddisfare questa nostra curiosità ci ha pensato un suo collega spagnolo, il dr. Abad ( Environmental Science and Technology , 2002, vol. 36, pag 92-99) che su l' inceneritore di Tarragona ha fatto uno studio simile a quello dell'ing Grosso ma non si è dimenticato di misurare le diossine presenti  nei rifiuti, prima dell' incenerimento di  scarti di cibo, bottiglie di plastica, pannolini, giornali...

In una tonnellata di questi scarti, non molto diversi da quelli prodotti dai Bresciani e dai Napoletani, il dr Abad, nel 1999, trovava  normalmente 3 microgrammi di diossine e oggi probabilmente ne troverebbe ancora meno. Infatti grazie allo sforzo di tutti gli europei, dal 1985 ad oggi abbiamo ridotto dell'86% tutte le emissioni di diossine e anche grazie a questo sforzo, oggi mangiamo molte meno diossine e di conseguenza,oggi, con i rifiuti buttiamo molto meno diossine nel cassonetto di quanto ne buttavamo (e ne mangiavamo) qualche anno fa.

Se con la matematica avete qualche dimestichezza avrete già capito che la tanta decantata termovalorizzazione ha un "piccolo" problema: immette nell'ambiente molte più diossine (45 microgrammi) di quelle presenti nel rifiuto termovalorizzabile ( 3 microgrammi) e che quindi il "termovalorizzatore", correttamente, è ribattezzabile "cancrovalorizzatore" in quanto produce rifiuti con una quantità di diossine cancerogene maggiore di quelle presenti prima del trattamento.



Comunque state tranquilli, gli ingegneri sono già al lavoro per togliere dalle ceneri le diossine che le loro meravigliose macchine hanno prodotto, per invetriarle  e magari usare ceneri e vetri  per fare cemento o asfaltare strade, in piena sicurezza.

Si dimenticano però di dirci quanta energia e quanti soldi in più ci vorranno  per fare questa operazione, un vero e proprio accanimento terapeutico per risolvere il problema di ingombro di un pò di scatole e di bottiglie e il fastidio di qualche torsolo di mela, problemi che riciclo e compostaggio eliminano a basso costo senza gli effetti collaterali dell'incenerimento.

Postato da: federico46 a 15:45 | link | commenti (3)
energia, ambiente e salute, materiali post consumo


Commenti:
#1  18 Aprile 2008 - 09:06
 
Non so come ringraziarla per questo post.

Antonino
utente anonimo
#2  18 Aprile 2008 - 13:13
 
Che io sappia non esiste una combustione che generi al 100% gas respirabili per uomini e piante.
Mi potrei sbagliare, ma i rifiuti, essendo un materiale estremamente eterogeneo, non generano gas, dopo la combustione, facili da captare.

ola
Utente: sacchett Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. sacchett
#3  09 Gennaio 2009 - 12:27
 
Grazie di questa informazione.La metto sui post del gruppo "No al'inceneritore di Raibano. Si alle tecnologie che separano i rifiuti"

Margherita Bologna
http://www.facebook.com/topic.php?topic=7208&uid=42528067878 utente anonimo

lunedì 14 aprile 2008

Abbasso lo Spreco

La bella trasmissione di Report di ieri sera su RAI 3 mi ha fatto scoprire due cose.

La prima scoperta è la conferma che l'aumento della produzione procapite di rifiuti che si registra in Italia è strettamente legata all'apertura di ipermercati e alla grande distribuzione.

In questi mercati ,ogni merce, quando arriva a pochi giorni dalla scadenza, nonostante che sia ancora perfettamente commestibile,  viene  letteralmente buttata via, con imballaggio e tutto,  e diventa un rifiuto da smaltire.

Ogni anno, la nostra società opulenta, in questo modo trasforma in rifiuto circa 240.000 tonnellate di cibo il cui valore è di 881 milioni di euro che potrebbero sfamare gratis 620.000 persone al giorno.

Ma lo spreco indotto dalla grande distribuzione non è finito; prima di arrivare ai banchi di vendita, durante la fase di confezionamento,  diventa rifiuto un 10-15 % di prodotti agricoli, la cui colpa è quella di non avere  le caratteristiche estetiche necessarie ( zucchine storte, mele troppo piccole...).

Qui stime non ne abbiamo trovate, ma temiamo che siano altre centinaia di migliaia di tonnellate che ogni anno alimentano discariche e inceneritori e ovviamente aumentano i costi del prodotto venduto che deve incamerare i costi di questo smaltimento.

Ma lo speco non è finito, come Report ha bene illustrato, il 10-15 % del raccolto originario ( altre centinaia di migliaia di tonnellate) resta invenduto sul campo, in quanto il prezzo pagato dalla grande distribuzione non ne giustifica il raccolto, una volta che il prodotto non è più fuori stagione. L'unico vantaggio, in questo caso, è che gli ortaggi invenduti se ne ritornano nei campi come concime.

Se questa scoperta è desolante, la seconda porta un barlume di speranza.

Da alcuni anni è attivo in Italia il " Last Minute Food- Market" (http://www.lastminutemarket.org) .

Questa organizzazione provvedere a mettere in contatto la grande distribuzione con potenziali utilizzatori ( opere pie, associazioni benefiche..), risolve i problemi burocratici e fiscali e ridà la funzione di cibo a tutto quel ben di Dio che rischiava di diventare rifiuto.

L'idea del "Last Minute Food" è nata nel 1998 nella facoltà di agraria di Bologna e oggi è operativa anche a Palermo, Cagliari, Modena, Verona, Ferrara e nel 2007 ha contribuito ad evitare la discarica a 283 tonnellate di alimenti, una goccia nel mare, ma certamente l'avvio della lotta allo spreco che occorre fare e vincere.

E l'idea è tanto piaciuta che i Mercati dell'Ultimo Minuto si sono anche estesi ai libri, ai farmaci, ai raccolti lasciati sui campi, alle sementi.

Postato da: federico46 a 12:49 | link | commenti (4)
ambiente e salute, materiali post consumo, rifiuti zero


Commenti:
#1  14 Aprile 2008 - 14:47
 
Sempre molto interessanti i servizi di Report.
Trovo molto positive le informazioni a proposito del Last Minute Market e dei gruppi di acquisto per fare la spesa direttamente dai produttori.
Spero che questi sistemi vengano presi in considerazione da molte piu' aziende e consumatori. Forse qualcosa si muove...era ora!
A.L.
Utente: Sottoachitocca Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. Sottoachitocca
#2  14 Aprile 2008 - 18:48
 
Grazie dottor Valerio. Il suo blog è sempre una miniera di ottime informazioni e almeno qui posso tirarmi un po' su il morale senza sentire tutto il giorno la gente che non sa niente di rifiuti e che dice..."se non costruiamo gli inceneritori dove li buttiamo i rifiuti?"
Grazie ancora!! La leggo sempre!
Elia
utente anonimo
#3  15 Aprile 2008 - 10:51
 
Interessante l'articolo, come la trasmissione di Report.
Ma siamo ancora in tempo ad invertire la rotta?
Consumiamo male tutti.
Io da un anno provo a cercare produttori agricoli per acquisti diretti e per fare un G.A.S. ma in Campania bisogna stare attenti a dove si và a coltivare a causa delle innumerevoli discariche tossiche.
...e non c'è la cultura del consumo critico etico consapevole, si vuole solo risparmiare e poi si mangia spazzatura.
ciao
Utente: sacchett Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. sacchett
#4  15 Aprile 2008 - 18:30
 
anche a Roma da due anni si spinge per far applicare il LMM. zero carbonella, Veltroni e gli altri 120 Sindaci han da pensare alla crescita e ai palazzinari.

ho conosciuto via mail l'ideatore del Progetto, (http://www.lastminutemarket.org)
il Prof.Segrè, ed è una persona molto gentile e umana oltre che geniale.

Di good news ne abbiamo bisogno, specialmente in tempi come questi che sembrano affondare nel pensiero unico sviluppista. diffondere le buone pratiche è compito di tutti.

Nel sito di Marco Boschini, assessore a Colorno www.marcoboschini.it, si presenta il libro che Andrea Segrè ha tratto dal suo LMM, una bella lettura e una bella idea regalo a Sindaci pigri o disinformati.

Un cordiale saluto, Roberto
www.buonsenso.info
utente anonimo