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domenica 30 marzo 2008

Mozzarelle e Diossine

Mi lascia molto perplesso il modo in cui la stampa italiana e il nostro governo sta gestendo la crisi della mozzarella campana ed in particolare la contaminazione di diossina di questo prodotto.

Fino ad oggi non ho letto e sentito nessuno che ci informasse su quanta sia la normale quantità di diossina che si trova in una mozzarella prodotta in zone non inquinate.

Informazioni a riguardo ci vengono da uno studio pubblcato su Chemosphere nel 2007 ( vol. 67 , pag s 79-s89) che ha misurato le diossine nel burro prodotto dai nuovi paesi membri in particolare Cipro, Repubblica Ceka, Estonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovenia e Slovacchia.

E burro e formaggi, in quanto ricchi di grassi, hanno un comportamento simile in caso di contaminazione da diossine, una molecola molto solubile nei grassi.

In questi campioni diossine e policlorodifenili diossino simili sono stati trovati in concentrazioni comprese tra 0,32 e 0,82 picogrammi per grammo di grasso.

Siamo a valori nettamente inferiori  (anche dieci volte) al massimo consentito,   pari a 6 picogrammi per grammo di grasso, valore che alcune mozzarelle campane superano di qualche decimale ( 6,4-6,8 picogrammi per grammo di grasso).

Quindi nelle mozzarelle nostrane si è trovata una quantità di diossine circa dieci volte superiore a quella normale non solo nei nuovi stati dell'unione ma anche ad esempio in Germania, nei cui formaggi le diossine si trovano normalmente a concentrazioni intorno a 0,6 picogrammi per grammo.

In questo paese che da tempo tiene sotto controllo  suoi prodotti, quando i laboratori improvvisamente cominciarono a registrare concentrazioni di diossine più alte (1,41 picogrammi per grammo) non minimizzarono affatto il problema ( siamo sotto i limiti di legge) ma avviarono una immediata indagine per capire le cause del fenomeno, scoprendo che il motivo dell'aumento di diossine era l'introduzione di mangini contaminati provenienti dal Sud America.

E scoperta la causa fu anche facile porvi rimedio e far ritornare le diossine ai bassi valori di prima.

Le scelte della Germania, oltre ad essere di buon senso per la tutela della salute dei suoi concittadini sono state anche in linea co le indicazioni della Unione Europea che continua a raccomandare gli stati membri di operare per continuare a diminuire l'esposizione a diossine dei propri concittadini.



Il problema grave nelle attuali vicende Campane  è che la quantità di diossine presente oggi in alcuni campioni di mozzarelle ( sono curioso di sapere quali sono i valori di quelle oggi cosiderate in regola)  è nettamente superiore alla quantità trovata negli stessi prodotti nel 2003. In quell'anno, anche a seguito della annosa crisi rifiuti,  il Laboratorio Sperimentale per l'industrie delle essenze condusse uno studio su 90 campioni di mozzarelle campane e calabre, trovando che la maggior parte risultava avere una concentrazione di diossine inferiore a 3 picogrammi per grammo.

Quello studio concluse che per i campioni di mozzarella più contaminati, in base alla composizione di diossine e furani in essi trovati, la spiegazione del fenomeno poteva essere la combustione all'aperto di rifiuti tossici, una evenienza già allora ben nota.



Ho l'impressione che da allora non si sia fatto nulla e che per salvare il buon nome dell'immagine del Made in Italy si preferisca fare la politica dello struzzo.

E questo atteggiamento va di pari passo  a quello dei tanti personaggi che si affannano a dirci che i termovalorizzatori non inquinano  e che non emettono più diossine!



E per lo meno risparmiateci il politico di turno che davanti alle telecamere si abboffa di mozzarelle per dimostrare la loro innocuità.

Postato da: federico46 a 14:52 | link | commenti (2)
ambiente e salute, vedi napoli


Commenti:
#1  30 Marzo 2008 - 14:39
 
Interessantissimo articolo!
Visto che i controlli credo siano eseguiti continuamente suppongo siano depositati da qualche parte e accessibili.
Dove si può andare a curiosare?
Utente: BornYesterday Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. BornYesterday
#2  30 Marzo 2008 - 20:15
 
Temo che i controlli in questione ( diossine nel terreno, nei vegetali, negli alimenti, nel latte materno )non siano effettuati in modo sistematico e probabilmente quelli che si fanno sono dispersi tra diversi enti. Spero di sbagliare. Comincerei a chiedere informazioni alla Agenzia per l'ambiente della Campania
Utente: federico46 Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. federico46

mercoledì 26 marzo 2008

Visita ad un Impianto di Trattamento Meccanico Biologico

Visita impianto Trattamento Meccanico Biologico
Trattamento meccanico biologicoResoconto visita impianto MBT  Giussago-Lacchiarella (Mi).



Il 19 marzo  visita all'impianto di Trattamento Meccanico Biologico di Giussago-Lacchiarella. Sono presenti delegazioni delle amministrazioni del Comune di Genova, del Comune di Reggio Emilia e della Val D'Aosta.



Motivo principale della visita quello di verificare la flessibilità dei trattamenti meccanico biologici e quello di verificare la loro compatibilità ambientale.



Anticipiano che a nostro avviso questo esame è stato ampiamente superato dal primo impianto visitato di progettazione e realizzazione italiana.



L'impianto visitato tratta in modo separato, ma con metodi simili ed in un unico edificio,  sia materiali post consumo indifferenziati residuali a raccolte differenziate ( 75.000 t/anno) , sia frazione umida da raccolta differenziata ( 40.000 t/anno).



Ogni impianto è formato da 19 bacini di raccolta, affiancati a pettine l'uno all'altro, con pareti in muratura alti circa tre  metri, con un pavimento  a griglia da cui si aspira l'aria.



L'MPC in arrivo, privo di ingombranti,  subisce una grossolana frantumazione ( circa 30 cm ) e viene trasferito in uno dei bacini di raccolta fino a riempimento per tutta la sua lunghezza. Ogni cumulo, senza mescolamento meccanico, resta sotto aspirazione forzata  per circa 20 giorni. Temperatura ed umidità del cumulo sono regolati per sfruttare al massimo l'essiccazione indotta dal calore sviluppato dalla carica microbica che bio-ossida la frazione più biodegradabile (zuccheri, grassi, proteine...).



Dopo questo trattamento la massa si è ridotta di circa il 30% ( prevalentemente per perdita d'acqua) e non emette più odori sgradevoli , il bacino viene svuotato e si prepara al carico di scarti freschi. Il biostabilizzato passa ai trattamenti meccanici che separano i metalli e  i materiali inerti ( vetri, ceramiche..) che vanno al riciclo e al recupero. Della restante frazione si separa meccanicamente  quella con il maggior contenuto di cellulosa ( più pesante)  da quella con maggiore componente in plastiche ( più leggera);  entrambe le frazioni rappresentano circa il 60% in peso della massa in ingresso.



La frazione cellulosica che contiene ancora materiale biodegradabile (prevalentemente cellulosa) è avviata ad un bio-reattore attivabile, in pratica una cella ricavata nella discarica predisposta sul fondo per la captazione del biogas. La frazione cellulosica viene stoccata nella biocella, bagnata e subito ricoperta con materiale inerte. Si creano in questo modo le condizioni per la fermentazione anaerobica che trasforma il residuo cellulosico in biogas ( metano) che viene recuperato ed usato per la produzione di elettricità e calore.



Un biorettore attivabile così alimentato è già in opera a Corteolona ( Pavia) ed è prevista una prossima visita a questo impianto. L'azienda dichiara per questo bioreattore una produzione di 3000 metri cubi di biogas all'ora , usato per produrre elettricità e calore e afferma  che oltre il 40% in peso del materiale stoccatp si trasforma in biogas.



Questo significa che alla fine del processo di metanizzazione (una decina di anni) in discarica rimane circa il 20% dello scarto iniziale, completamente mineralizzato e con una bassissima emissione di eluato.



La frazione a prevalente composizione di polimeri di sintesi ( ipotizziamo pari al 20% in peso, rispetto allo scarto iniziale) , al momento è utilizzata come combustibile nei cementifici.Ci sembra doveroso segnalare che, nonostante il buon potere calorifico, i cementifici  si fanno pagare, a conferma che questo procedimento è ancora una forma di smaltimento di rifiuti. Peraltro la capacità di utilizzo di questo combustibile da parte dei cementifici italiani è stimata a 1,7 milioni di tonnellate.



Poichè la potenziale produzione di Combustibile da rifiuto di tutto il paese è stimata pari a 7 milioni di tonnellate all'anno, occorre pensare ad altri utilizzi e se si vogliono evitare impianti di combustione dedicati (inceneritori) l'unica alternativa è quella di possibili recuperi di materia: vedi sabbia sintetica del Centro di Vedelago a cui peraltro il flufff in uscita dal bioessiccatore ad occhio assomiglia  molto.



E' anche possibile l'uso dello stesso fluff per impianti di gasificazione e sintesi catalitica dei gas per la produzione di gasolio per autotrazione.



Sappiamo che in impianti di questo tipo già esistenti e che lavorano scarti di cellulosa sono stati testati scarti ottenuti da trattamenti MBT simili a quelli dell'impianto visitato; non ne conosciamo l'esito.  Comunque pochi minuti or sono ho inviato una richiesta di informazione alla ditta.



Come già accennato, nello stesso edificio esiste una linea parallela (ma separata) per la produzione di compost. Il procedimento è lo stesso, ovviamente varia il pretrattamento e la durata della bio-ossidazione. Il materiale in ingresso è la frazione umida raccolta in modo differenziato e all'uscita c'è compost di buona qualità che gli agricoltori della zona ritirano gratis; anche così, c'è una convenienza economica al trattamento di compostaggio, a causa degli evitati costi di smaltimento.



L'aspetto più interessante di questo impianto è la completa automatizzazione, l'elevata qualità del prodotto finale e il basso impatto ambientale dell'intera struttura.  Tutti i trattamenti avvengono all'interno dell'edificio che è interamente in depressione. L'aria viene aspirata sotto i cumuli in fermentazione e tutta l'aria, prima di essere immessa in atmosfera è fatta passare attraverso un letto di alcuni metri di spessore di un biofiltro ( in cippato di legno)  collocato sopra il tetto dell'edificio con un importante risparmio di superficie.



Girando intorno all'impianto, nella cabina di controllo e sul tetto non si avvertono odori particolari se non quelli dovuti ad accidentali versamenti dai camion durante la fase di scarico.



Unico neo la presenza di mosche ( peraltro tenute sotto controllo senza pesticidi) che stando al caldo e trovando cibo nei MPC in arrivo iniziano e chiudono i loro cicli vitali prevalentemente all'interno dello stabilimento. Siamo curiosi di sapere la densità della popolazione di rondini, ragni e gechi nella zona.



Altro neo, una certa quantità di plastica ( polietilene) nel compost , nei limiti di legge e non sgradita ai contadini. E' un piccolo problema indotto dalla confusione che le famiglie fanno tra le buste in materBi ( un biopolimero biodegradabile)  in dotazione per la raccolta dell'umido e quelle in polietilene che utilizzano quando hanno finito le buste i materB  o perchè  non hanno compreso la differenza tra i due materiali.



E' un problema che l'uso di sacchetti di carta resistenti all'acqua per la raccolta dell'umido dovrebbe evitare del tutto.


Postato da: federico46 a 06:32 | link | commenti (8)
materiali post consumo


Commenti:
#1  26 Marzo 2008 - 20:39
 
la proosima volta che organizza una visita di questo tipo me lo dica che ci porto anche gli amministratori del mio comune!!!!!
Utente: cramerx Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. cramerx
#2  24 Febbraio 2010 - 20:06
 
 Salve, la scrivo perche vorrei delle piccole delucidazioni, le persone del mio paese non credono a tutto questo e io sono anni che mi ripeto che il TMB e la cosa più creativa che si potesse creare. Domanda, un comune di cinque Km quadrati può avere una fabbrichetta del genere?
Quanto ci costa un'impianto del genere?
ci sono incentivi regionali?
in Quanto tempo potete realizzare un'impianto del genere?

Forse chiedo troppo, ma potrebbe essere una cosa buona sia per lei che ceerà un'impianto e sia per me che ci tengo tanto che non brucino più spazzatura, quindi se lei mi citasse queste risposte, la risposta della spesa può essere anche approssimativa, tipo ci vogliono una decina di milioni insomma mi serve un po di materiale per poter informare il prossimo sindaco che tra qualche mese prenderà posto al palazzo, vi prego di prendere in considerazione questo scritto.
Grazie e buona vita
utente anonimo
#3  25 Febbraio 2010 - 09:19
 
Caro amico
non faccio e non vendo impianti di trammento meccanico biologico. Me ne occupo e mi documento perchè mi sembra un'idea molto intelligente, con poche controindicazioni, in particolare, dati alla mano è quello che impatta meno sull'ambiente.
Per quello che ho capito per un piccolo comune come il tuo, e meglio per un consorzio di comuni vicini, pensare di trattare la frazione organica umida ( scarti di cucina) in un impianto di compostaggio può essere una buona soluzione, specialmente se nei comuni c'è attivitò agricola interessata alluso del compost prodotto.
Si ricordi che prima di ogni cosa dovete pensare ad organizzare una raccolta differenziata di alta qualità, tipo Porta a Porta.
Per queste cose non ci si improvvisa, ma in Italia esistono esperienze serie che val la pena contattare, prima di prendere decisioni avventate e sbagliate.
Utente: federico46 Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. federico46
#4  23 Maggio 2010 - 19:46
 
Anche a noi di Cecchina di Albano Laziale piacerebbe molto veder funzionare una raccolta differenziata su tutto il territorio e vedere la discarica sparire e ancor più il progetto inceneritore sostituito da impianti per riciclaggio e trattamento meccanico biologico per recuperare il materiale di rifiuto al 100%!

Un bel sogno davvero, che darebbe molto lavoro a giovani e riporterebbe un po' di ossigeno al nostro territorio!

A me piacerebbe partecipare ad un'attività del genere! Lavorare nel riciclaggio! Non si deve buttare niente, strade e prati puliti raccolta differenziata e attenzione agli scarti multe agli sporcaccioni e poi alla volta della guerra alle automobili....

Elvira T.
utente anonimo
#5  18 Agosto 2010 - 15:37
 
Buonasera,
sono un cittadino di Lacchiarella, comune nel quale sorge l'impianto qui descritto.
Ringrazio innanzitutto per l'attenta descrizione, utile a livello informativo.
Vivendo quotidianamente nel paese noto, con frequenza che sembra crescente, giornate accompagnate dalla presenza di odori sgradevoli nell'aria.
Possibile che la causa sia unicamente da associare alla fase di scarico con versamenti accidentali?
Nelle giornate in cui si presenta, l'odore è abbastanza forte e simile a quello di diserbante. Quale può essere la causa?
Ringrazio per la disponibilità e per la risposta
utente anonimo
#6  18 Agosto 2010 - 15:46
 
In riferimento al post precedente (è sempre il medesimo cittadino di Lacchiarella che scrive) ci tengo ad aggiungere che un trattamento dei rifiuti come quello descritto appare molto più logica all'inceneritore.
Ad ogni modo vorrei capire la natura dell'odore sgradevole dell'aria che accompagna certe giornate, ossia la causa principale che lo genera.  Ringrazio nuovamente per la risposta
utente anonimo
#7  18 Agosto 2010 - 15:48
 
In riferimento al post precedente (è sempre il medesimo cittadino di Lacchiarella che scrive) ci tengo ad aggiungere che un trattamento dei rifiuti, come quello descritto, appare molto più logico e più di buon senso rispetto ad un inceneritore.
Ad ogni modo vorrei capire la natura dell'odore sgradevole dell'aria che accompagna certe giornate, ossia la causa principale che lo genera.  Ringrazio nuovamente per la risposta
utente anonimo
#8  23 Agosto 2010 - 19:30
 

La ringrazio per la segnalazione.
La prima riflessione è che anche odori sgradevoli sono inquinamenti  penalmente perseguibili e un impianto TMB ben gestito non dovrebbe avere questo problema.
Se non lo avete già fatto segnalate questo inconveniente alla ASL e all'Agenzia per l'ambiente.
Per quanto riguarda la causa del fenomeno bisognerebbe verificare se la periodicità è legata a specifiche condiziono meteo o all'arrivo e al trattamento di speciali carichi diversi dai rifiuti urbani non differenziati.
Non ho famigliarità con l'odore di erbicidi. A suo avviso è diverso da quello del rifiuto urbano?
Federico Valerio
Utente: federico46 Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. federico46

lunedì 24 marzo 2008

Compostaggio Estremo

compostiera da salottoUn amico, con cui condivo la passione del compostaggio, mi ha confidato che pratica il "Compostaggio Estremo".

Insomma, all'insaputa della moglie, ha avviato  il compostaggio in salotto, dietro alle poltrone.

L'esperimento sta andando avanti senza problemi, nonostante il naso fino della moglie, grazie agli accorgimenti adottati, tra cui un efficace biofiltro a prova di moscerini.

E l'idea è nata come risposta "anarchica" alla crisi campana. Comunque i napolitani ci hanno già pensato e si stanno organizzando per forme di compostaggio condominiali.

A breve le istruzioni per l'uso della compostiera da salotto su questo Blog.

Comunque una raccomandazione: il "compostaggio estremo" è strettamente riservato a compostatori esperti con coniugi molto pazienti!!

Postato da: federico46 a 07:45 | link | commenti (3)
biomasse, rifiuti zero


Commenti:
#1  23 Febbraio 2008 - 16:43
 
caro Federico, durante una tua conferenza a Bolzano, dove ho avuto il piacere di conoscerti, sono rimasta ammaliata dalla tua "compostiera da balcone". Così, pur usufruendo della raccolta dell'organico porta a porta, ho deciso di cimentarmi nell'esperimento di compostare i nostri avanzi di cucina "in proprio". ho letto da cima a fondo il tuo manulate del compostaggio domestico, e la mia scelta per la compostiera è caduta proprio sui vasi di coccio che ho visto così ben utilizzati. Ma sul tuo manulae, dopo un breve cenno ai vasi di coccio, non descrivi altro riguardo l'utilizzo.
mi è sembrato di vedere sulla foto che la compostiera "di coccio" si compone di un sottovaso, un vaso conico, un vaso a ciotola e un altro sottovaso utilizzato come coperchio, infine ho visto che sul bordo della ciotola ci sono dei pezzi di tubo aperti (o tali sembrano) così mi sono attrezzata, ho acquistato tutto il necessario, ma essendo una neofita ho bisogno della tua prezionsa esperienza.
mi dai una mano?
te ne sarei eternamente grata, e non solo io ma anche un gruppo di amici napoletani che, a distanza, stanno tentando lo stesso esperimento.
grazie
paola
utente anonimo
#2  23 Febbraio 2008 - 17:34
 
Cara Paola
un pò di pazienza per l'aggiornamento del corso che devo fare in quanto tra poco ripartiamo con i corsi di compostaggio a Genova e il mio librino arriverà alla terza edizione arricchita appunto del capitolo compostare con i vasi da fiore.
Al momento ti anticipo che per questioni di spazio, effettuo un travaso progressivo dal vaso a conca dove avviene la prima fase di compostaggio che dura circa 15 giorni agli altri, man mano che si riempiono. I pezzi di plastica sui bordi servono per avere un minimo ricambio d'aria senza che le mosche possano andare nella compostiera, ma forse si possono evitare.
Utente: federico46 Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. federico46
#3  24 Febbraio 2008 - 09:16
 
Che bella notizia!
allora aspetto la nuova versione del manuale e magari intanto inizio a "sperimentare", ma non in salotto perchè il mio consorte non è tanto paziente a riguardo!
grazie mille
paola
Utente: PaolaAeS Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. PaolaAeS

Modello Brescia

Modello Brescia (parte 1)
Il 20 aprile ennesima mia conferenza sugli impatti ambientali dei diversi sistemi di gestione dei materiali post consumo, ma questa volta proprio nella tana del lupo: Brescia.



Occasione ghiotta per mettere a confronto il modello “Brescia” , quello della “termovalorizzazione assistiita” ovvero “ più brucio più guadagno”, con il nascente Modello “Genova” , il cui slogan potrebbe essere: minor impatto ambientale e minori costi a carico dei cittadini.



Dopo la conferenza, gli amici del Meet Up di Bebbe Grillo, che hanno oganizzato la serata, mi danno una copia del Rapporto dell’osservatorio sul funzionamento del termoutilizzatore di Brescia relativo agli anni 2004-2005, rapporto edito nel 2006 e ad oggi il più aggiornato.



La lettura del documento mi stimol alcune riflessioni che sottoppongo all’attenzione dei lettori del mio blog.



Dall’agosto 2004 per la linea uno  e dal dicembre 2004 per la linea tre  è stata avviata la sperimentazione per il monitoraggio in continuo delle diossine  nei fumi.



Per chi non ha familiarità con questo problema ricordiamo che diossine e metalli nei fumi degli inceneritori non sono misurati in continuo. Il motivo è prevalentemente tecnico per cui, nel pieno rispetto della attuale normativa, bastano due campionamenti  all’anno , ognuno della durata di otto ore, per documentare il rispetto dei limiti.



Converrete che per un impianto che funziona 24 ore su 24  e il cui combustibile varia di composizione di  giorno in giorno, pensare che 16 ore di monitoraggio possano essere rappresentative del corretto funzionamento per tutte le altre 8.744 ore è un po’ troppo.



Per dare una risposta a questa domanda a Brescia si è data avvio la sperimentazione di cui abbiamo accennato che consiste in un prelievo di fumi  di basso volume, ma continuo, per circa 30 giorni. I fumi raccolti sono fatti passare in un tubo che contiene materiali in grado di assorbire le diossine presenti nei fumi stessi. Dopo un mese di campionamento continuo  si procede all’analisi delle diossine assorbite, si divide il valore trovato per il volume di fumi inviati al tubo di assorbimento  e, se il procedimento scelto è esente da errori sistematici, si può affermare che la concentrazione di diossine così trovata corisponde alla concentrazione media presente nei fumi l’intero mese di campionamento.



Finito un campionamento se ne avvia un altro con le stesse modalità e in questo modo si può parlare di campionamento continuo.



Al momento la sperimentazione si è protratta per cinque mesi consecutivi per la Linea Uno e  nove mesi per la libea tre.



Il Rapporto si limita a fornire le concentrazioni mensili trovate, senza nessun commento.



Provo a fare io le prime valutazioni.



I numeri a disposizione confermano quello che immaginavamo: le prestazioni dell’inceneritore non sono costanti.  Pochi mesi di misure in continuo denunciano differenze tra la media mensile più bassa e quella più alta pari a 16 volte nella linea Uno e 21 volte nella linea Tre.



In particolare , nella Linea Tre, quella monitorata più a lungo  dal 3 /12/04 al 6/1/06, la concentrazione media mensile è risultata pari a 0,259 picogrammi/metro cubo a fronte di una concentrazione massima mensile di 0,730 pg/m3 e una concentrazione minima mensile di 0,038 pg/m3.



La concentrazione media di diossine nella Linea Uno, monitorata dal 30 Luglio  2004 al 22  agosto  2005, con il sistema di campionamento in continuo è risultata pari a 0,387 pg/m3, con un minimo di 0,080 e un massimo di 1,29 pg/m3.



Il problema però è che queste concentrazioni sono nettamente più basse di quelle trovate con i campionamenti fatti sulle stesse linee, in periodi analoghi, seguendo il metodo di campionamento previsto dalle attuali normative, ovvero protratte per otto ore, i cui valori sono riportati nella Tabella seguente.



Da sottolineare il fatto che nel Giugno 2004 sono state fatti campionamenti e misure di diossine nei fumi dell’inceneritore di Brescia da parte di ben tre laboratori di controllo: l’Istituto Mario Negri,( il controllore ufficiale)  e le Agenzie Regionali per l’Ambiente (ARPA) Piemonte e Toscana.





Tabella 1: Concentrazioni medie ( 8 ore di campionamento) di PCDD/F  in ciascuna delle tre linee di incenerimento dell’Impianto di Brescia



                            Linea 1    Linea 2    Linea 3



                              Picogrammi / metro cubo



Marzo 2004         2,60        1,70  



Giugno 2004       7,24        1,76  



Giugno 2004        2,74*      2,45*       1,30**



Giugno 2004       1,80**     1,40**  



Novembre 2004  1,73        3,07  



Aprile 2005            2,44      1,10         1,56



Giugno 2005         1,70       3,10         0,80







* misure fatte da ARPA piemonte



** misure fatte da ARPA Toscana




Pertanto, in base ai campionamenti in continuo, tra il 18 maggio al 20 giugno 2005 la concentrazione di diossine nella linea tre è stata di 0,32 pg/m3.



Il campionamento breve effettuato nello stesso periodo su questa linea segnala  una concentrazione quasi tre volte maggiore ( 0,80 pg/m3 )  e valori ancora più grandi (1,56- 1,30 pg/m3) sono stati trovati  in altri periodi su questa linea.



Analoghe considerazioni per la linea Uno in cui la concentrazione media dei campionamenti di durata mensile  (0,39 pg/m3) è  nettamente inferiore a tutte le concentrazioni misurate su questa linea con campionamenti brevi ( tra 1,70 e 7,24 pg/m3).



Volete sapere che cosa ne penso?



E’ molto probabile che Il sistema di campionamento in continuo sperimentato dall’inceneritore di Brescia soffra di un pesante errore sistematico, attribuibile al sistema scelto,  il quale produce una elevata  sottostima delle concentrazioni reali di diossine presenti nei fumi.



Possibile causa di questo errore la perdita di diossine campionate per evaporazione o per degradazione chimica a causa di reazioni con altri inquinanti gassosi presenti nei fumi ( ad esempio ossidi di azoto), fenomeni ben noti a chi si occupa di questi argomenti.

Postato da: federico46 a 08:12 | link | commenti (4)
ambiente e società, materiali post consumo


Commenti:
#1  24 Marzo 2008 - 10:12
 
Invito a leggere il libro "L'italia sotto i rifiuti", due interi capitoli dedicati all'Asm di Brescia, uno in particolare attestante il fatto che l'istituto Mario Negri (di Silvio Garattini, noto anche per avere promosso campagne pro inceneritore) non può essere considerato "imparziale".

L'unica speranza per non cadere in facili errori o peggio vizi di misura è quello di fare eseguire il monitoraggio ad enti realmente indipendenti, meglio se più di uno. Non ha senso misurare i decimi di picogrammo se già l'errore supera un fattore due!
utente anonimo
#2  24 Marzo 2008 - 20:37
 
La diossina a Brescia abbonda perfino nel latte (coinvolte nell'inquinamento 18 aziende agricole!!) e i tumori al fegato sono largamente al di sopra di ogni previsione e molti di più di qualsiasi altra città lombarda, un motivo ci sarà e qualsiasi bresciano dotato di un minimo di capacità cognitiva qualche domanda sul mostro inceneriscitutto se la pone ogni volta che vede fumare quel maledetto camino!! Giulia
utente anonimo
#3  25 Marzo 2008 - 23:05
 
nel ringraziarla enormemente per le informazioni che ricevo leggendo il suo blog (sono fra i "suoi cinque" assidui lettori) vorrei comunque chiederle quale è il limite di legge per le diossine emesse dagli inceneritori? dal punto di vista di un cittadino inesperto, la conclusione che traggo da questi dati sull'inceneritore di Brescia è che non abbiamo ancora messo a punto un metodo di analisi dei fumi che possa dare risultati attendibili, sbaglio?
un saluto da Napoli, Rosamaria
utente anonimo
#4  08 Aprile 2008 - 14:08
 
In Europa i limiti delle diossine fanno riferimento alle concentrazioni nei fumi (peso per volume di fumi).
Questo approccio è scorretto in quanto il pericolo delle diossine non è legato alla quantità che se ne respira ma a quanto se ne mangia ( vedi problema delle mozzarelle alla diossina).
In Giappone, più correttamente, si valuta, per tonnellata di rifiuto trattato, la quantità complessiva di diossine immesse nell'ambiente (fumi, ceneri) , rispetto alla quantità di diossine presente nei rifiuti.
Se la quantità di diossine immesse nell'ambiente è inferiore alla quantità di diossine che si presume essere presente nei rifiuti l'impianto di incenerimento è considerato in regola.
Ricercatori danesi hanno proposto che il limite debba riguardare la quantità di diossine che si deposita al suolo in un determinato tempo, qualunque sia la fonte che le produce. Il limite così stabilito, valuta che nell'ipotesi più sfavorevole (mangiare solo latticini prodotti da mucche che hanno pascolato sui campi inquinati) la dose giornalmente ingerita di diossine sia inferiore alla quantità considerata tollerabile ( 2 picogrammi per grammo di peso corporeo).
Utente: federico46 Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. federico46